La testimone. Donne italiane più protagoniste? È anche grazie ad Armida Barelli
Armida Barelli
Di Armida Barelli (1882-1952) merita ricordare nel giorno in cui la Chiesa la onora come beata il ruolo determinante nella Chiesa cattolica e nella società italiana della prima metà del ‘900. Credo ci sia un debito storiografico nei suoi confronti, che ho cercato di colmare almeno in parte con due libri (La zingara del buon Dio, San Paolo 202, e Armida Barelli. Il lungo viaggio delle donne verso la partecipazione democratica, Ave 2023). È infatti singolare che la sua biografia sia poco conosciuta, quasi ignorata dalla storiografia, oltre che poco nota ai cattolici stessi. La vita di Armida, la sua esperienza ecclesiale e associativa, è particolarmente intensa e presenta aspetti unici, a partire dal ruolo dirigenziale svolto ai vertici dell’Azione cattolica dal 1918 al 1949, alla collaborazione con tre Pontefici, alla fecondità e ai risultati raggiunti con le varie opere che ha contributo a fondare e che ha guidato.
Al centro della sua azione sta la capacità di porre in essere un metodo formativo che, sostenuto da una forte organizzazione e da strumenti appropriati, raggiunge in pochi anni notevoli risultati in campi come l’eliminazione dell’analfabetismo, il processo di integrazione tra Nord e Sud del Paese, l’emancipazione femminile, la cura di una dimensione internazionale, contribuendo alla maturazione di una consapevolezza nuova in tante giovani donne.
Il contributo della Barelli nel campo dell’impegno politico risulta senz’altro originale e di prima importanza, anzitutto perché volto all’organizzazione dell’associazionismo laicale femminile (in cui le donne rivestono un ruolo di responsabilità su base democratica e di gestione), in secondo luogo perché il progetto educativo, che la Barelli contribuisce a elaborare e attuare ha una costante connotazione sociale, nonostante le limitazioni sempre più pesanti poste dal regime fascista dalla metà degli anni Venti in avanti.
Barelli ha cercato personalmente e indicato a tante e a tanti una nuova strada del protagonismo delle donne nella società italiana, a cominciare dalla partecipazione diretta e responsabile alla vita della comunità ecclesiale, basata sul fondamento battesimale e aperta a una testimonianza di vita che investe tutti gli aspetti dell’esistenza e che pertanto si esprime anche nella testimonianza pubblica e sociale. Tale valorizzazione del ruolo della donna, anche oltre la dimensione familiare (tradizionale punto chiave della visione cattolica e non solo), costituisce uno dei portati più rilevanti della sua opera, ma risulterebbe poco intelligibile senza la comprensione della profonda ispirazione di fede e di sensus Ecclesiae che l’hanno animata e sostenuta, con l’innegabile capacità di cogliere il “meglio del nuovo”.
Armida non è stata mai animata da una “vocazione politica” ma, rispondendo alla vocazione cristiana e impegnandosi in tutta la sua esistenza per l’avvento del Regno sociale di Cristo, ha finito per svolgere un ruolo insostituibile che mostrerà i suoi frutti quando nel secondo dopoguerra, con il ritorno della democrazia, i cattolici che si candidavano alla Costituente e al Parlamento avevano la necessità di un largo suffragio popolare. La Barelli, con la sua Gf, concorse a questo consenso elettorale, non generico, ma sostenuto e motivato da un preciso progetto: «fare cristiana l’Italia».
Attraverso figure come lei è possibile cogliere una diversa e nuova forma del confronto tra il cristianesimo e la modernità, che passa non solo per un serrato confronto culturale (per il quale ci si dota di un soggetto istituzionale come l’Università Cattolica), ma anche per l’organizzazione popolare del laicato, che si struttura come soggetto ecclesiale e sociale, dotandosi di strumenti articolati di formazione religiosa, capaci di alimentare una coscienza etica e civile.