Covid. Zone rosse, ecco le regioni a rischio chiusura (di nuovo)
Milano il 2 gennaio, deserta a causa delle disposizioni per contrastare il Covid
La pandemia di Covid non molla la presa e il governo è di fronte all’ennesimo bivio. L’interrogativo è su quanto e come riaprire (parzialmente) il Paese una volta conclusa la parentesi del lockdown delle feste. Dal 7 gennaio sulla carta si torna alla situazione che abbiamo lasciato poco prima di Natale, con uno Stivale tutto in giallo (Abruzzo compreso, che era in arancione, segnalano in serata fonti di Palazzo Chigi). Ma non è detto che sarà davvero così. Se giallo sarà, potrebbe essere rafforzato con nuove misure di contenimento su scala nazionale. Mentre le Regioni più esposte all’epidemia potrebbero finire in zona arancione o rossa.
Al ministro della Salute si osservano con preoccupazione gli ultimi dati, in attesa del prossimo monitoraggio settimanale che arriverà forse giovedì. Da quattro giorni a questa parte i nuovi contagiati quotidiani sono più di quelli di una settimana prima. Per due giorni (31 dicembre e 1 gennaio) siamo tornati a superare i 20mila casi nelle 24 ore, cosa che non accadeva dal 5 dicembre. E ieri il rapporto tamponi-positivi è balzato oltre il 17%, dato che ci riporta ai giorni bui di metà novembre. Insomma al di là delle oscillazioni quotidiane, l’epidemia ha smesso di rallentare e sta rialzando la testa, con il rischio che si materializzi lo spettro di una terza ondata.
Conseguenza, forse, anche di quei giorni di allentamento che hanno preceduto il Natale. I giorni di uno shopping in tono minore ma che comunque ha fatto registrare affollamenti nelle vie commerciali di molte città. E che specialmente in alcune Regioni che erano rimaste sempre in zona gialla, la più “libera”, ha contribuito a far risalire i contagi.
Il nuovo calendario è in via di definizione. Per la campagna di vaccinazione di massa i tempi si annunciano comunque lunghi. E dunque una volta analizzati gli ultimi dati dell’epidemia si potrebbe intervenire con nuove misure nazionali già dalla settimana che parte l’11 gennaio, se non prima. Anche rafforzando le limitazioni già previste per le zone gialle. Per ora è solo un’ipotesi. Ma i timori legati alla riapertura delle scuole (anche se le superiori partiranno solo al 50%) spinge a immaginare misure compensative in altri settori.
Poi c’è il problema delle differenze tra le Regioni che può far ripartire la giostra dei passaggi di colore e di regole, dal giallo all’arancione al rosso. A rischiare di più per ora sono soprattutto Liguria, Veneto e Calabria, che secondo l’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità hanno superato il valore 1 di Rt (l’indice di espansione dei contagi).
Molto vicine alla soglia critica ci sono anche Puglia, Basilicata e Lombardia. Il monitoraggio del 30 dicembre indicava varie criticità: Friuli Venezia Giulia, Val d’Aosta, Piemonte, Provincia di Trento ed Emilia Romagna hanno una probabilità superiore del 50% di andare in affanno sui ricoveri ospedalieri in area medica mentre per Lombardia, Trento e Veneto lo stesso discorso vale per le terapie intensive, che negli ultimi giorni sono tornate a registrare un lieve aumento delle presenze anche su scala nazionale.
Le Regioni hanno chiesto di modificare i parametri di valutazione che regolano il passaggio tra le fasce, dando più peso anche ai test rapidi antigenici, elemento che potrebbe influire sul tasso di positività.
Ieri intanto il ministro Roberto Speranza ha firmato un’ordinanza con cui si rinvia la riapertura degli impianti sciistici al 18 gennaio. Nei giorni scorsi Regioni e Province autonome avevano chiesto un rinvio della riapertura in vista di un allineamento delle linee guida al parere espresso dal Comitato tecnico–scientifico. «Abbiamo finalmente una data credibile e seria per la riapertura», è stato il commento delle regioni interessate.
Ma resta l’incognita se il differimento al 18 sia definitivo. Sempre dai territori arriva il suggerimento a far ripartire anche l’attività delle palestre. Secondo la Conferenza delle Regioni, imponendo regole più rigide si potrebbe riaprire dal 15 gennaio, quando scade l’attuale Dpcm. Ma tutte le decisioni restano appese ai dati sui contagi. Un’attesa che non durerà a lungo.