Attualità

POLITICA E GIUSTIZIA. «Berlusconi ineleggibile», l'ira del Pdl

Vincenzo R. Spagnolo venerdì 17 maggio 2013
Non si ferma il cannoneggiamento reciproco fra Pd e Pdl, a una settimana dalla contestata partecipazione di due ministri pidiellini alla manifestazione di Brescia in difesa di Silvio Berlusconi, «perseguitato da toghe politicizzate». In materia di giustizia, l’aria in Parlamento è talmente satura che basta una dichiarazione sopra le righe a infiammare gli animi. Stavolta il casus belli riguarda la spinosa questione della possibile «ineleggibilità» del Cavaliere, sollevata ad inizio legislatura dal Movimento Cinquestelle (in base ad una legge del 1957, che dichiara non eleggibili i titolari di concessioni pubbliche «di notevole entità», come quelle televisive, ma sulla quale l’interpretazione dei costituzionalisti non è univoca) e rilanciata ieri dal capogruppo al Senato Luigi Zanda in un’intervista ad <+corsivo>Avvenire<+tondo>, in cui ha affermato che «secondo la legge italiana Silvio Berlusconi, in quanto concessionario, non è eleggibile. È ridicolo che l’ineleggibilità colpisca Confalonieri e non lui». Inoltre, a suo parere, il Cavaliere non avrebbe i requisiti morali per essere nominato senatore a vita.Il Pdl insorge in massa, alludendo a possibili conseguenze sulle larghe intese, qualora si vada al voto sulla questione: «L’intervista non facilita il compito del governo» lamenta il capogruppo al Senato, Renato Schifani. Toni preoccupati da parte di Anna Maria Bernini («Quelle affermazioni sono altrettante mine sul terreno politico in cui agisce il governo Letta» e il riferimento a quelle norme è «anacronistico») e aspri da parte del capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, che parla di «intervista sciagurata. Giocare con queste proposte è da irresponsabili. Oppure a Zanda è sfuggito il senno». Dalle file del Pd, in difesa del senatore, si leva la voce del collega Giorgio Santini: «Si sta montando un caso con accuse pretestuose». Più tardi, è Zanda stesso a correggere il tiro: «Si è sollevato un polverone sul nulla. Sull’eleggibilità di Berlusconi da dieci anni ho una posizione personale, che nulla ha a che vedere con la tenuta del governo Letta. Non faccio parte della Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato e non voterò nel merito, né mi sfuggono i precedenti della Camera che già votato più volte, con un’interpretazione opposta alla mia». In ogni, caso, conclude, «il Pd non ha mai dato indicazioni di voto ai componenti della Giunta». E a confermare quanto la materia della giustizia sia delicata per l’esecutivo, il premier Enrico Letta, da Varsavia, avverte: «Non mi faccio distrarre, sono altre le priorità. E la riforma delle intercettazioni non rientra nel programma di governo».La questione dell’ineleggibilità del Cavaliere, tuttavia, potrebbe effettivamente approdare, anche se non subito, sul tavolo della Giunta per le elezioni del Senato. La prossima riunione, in programma per martedì, sarà dedicata all’elezione del nuovo presidente, che dovrebbe andare ad un esponente delle opposizioni. Dal dopo voto, quel posto lo reclamano i Cinquestelle, che non a caso offrono sponda: «Prendiamo in parola Zanda: siamo pronti a votare l’ineleggibilità di Berlusconi», twitta il capogruppo al Senato, Vito Crimi, chiedendo che la questione venga posta all’ordine del giorno nella prima riunione della Giunta. Forse, unendo i voti di Pd e M5S, si potrebbe giungere ad un pronunciamento sfavorevole per il Cavaliere, ma lo stato maggiore del Pd è consapevole della ricaduta sulla tenuta del governo. Due settimane fa, uno dei parlamentari piddini più vicini ad Enrico Letta, il presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia, ha liquidato l’opzione come una «bufala. Non una priorità, ma un modo per fare propaganda». E in serata anche Berlusconi, in una cena elettorale con Gianni Alemanno a Roma, calma i suoi: «L’interesse del Paese vale di più. Non reagiremo a provocazioni e calci negli stinchi. C’è una forte possibilità che questo governo possa andare avanti. Mi auguro che questo patto ponga fine alla guerra civile tra destra e sinistra durata vent’anni».