Ddl Zan. Lonardo: «Fermiamoci, finché siamo in tempo» e difendiamo davvero i diritti
La senatrice Sandra Lonardo in una foto di archivio
«Fermiamoci, finché siamo in tempo». Sandra Lonardo lancia un vero e proprio appello a non spaccare il Paese e il Parlamento in due, sul ddl Zan. «C’è ancora la possibilità di votare con ampio consenso una legge che difenda i diritti, senza incidere sui principi costituzionalmente garantiti», dice la senatrice del gruppo misto, intervenuta ieri in aula, annunciando, se non interverranno modifiche, il suo voto negativo.
Lei si è rivolta in particolare a Enrico Letta, ha evocato i suoi maestri Aldo Moro e Nino Andreatta.
C’è qualcosa che non mi convince di questo dibattito, che trovo surreale. Ho evocato quelle figure perché in larga misura sono anche i miei riferimenti. Ci hanno insegnato che la politica è il luogo del confronto, della comprensione delle ragioni dell’altro. Come si fa a sposare la tesi, mi chiedo, ribadita con estrema chiarezza in aula da Monica Cirinnà, che o si approva il testo così com’è, o si vota contro? In questo modo anche chi, come me, è pienamente d’accordo sul principio è costretto a votare contro, per evitare i tanti rischi segnalati e puntualmente ignorati.
Quali sono?
Il rischio è quello di limitare la libertà di opinione, affidando ai giudici un potere abnorme nel giudicare quando un’espressione costituisce o meno «concreto pericolo» di discriminazione. Potrebbe accadere, ad esempio, che non si possa più dire, che la famiglia è solo quella fondata sul matrimonio fra uomo e donna. Per non dire dei problemi che inserisce in tanti campi, dallo sport all’amministrazione penitenziaria, una concezione dell’identità di genere su base soggettiva e non più naturale. O dei mutamenti previsti nelle scuole, che mettono a rischio in un colpo solo la libertà di insegnamento e la libertà educativa dei genitori. Tutte cose che esulano dalle finalità della legge.
In particolare lei si è soffermata sulla formulazione dell’articolo 4.
La trovo inaccettabile. Che senso ha scrivere che «sono fatte salve la libera espressione di convincimenti ed opinioni»? Sembra che, come per gentile concessione, si voglia stabilire che l’articolo 21 non viene abrogato. Sono questi i segnali più inquietanti del provvedimento. Si rischia di creare delle categorie protette, mentre i diritti sono di tutti e sono uguali per tutti. La libertà mette tutti in condizione di avere gli stessi diritti, nel rispetto reciproco. Invece qui, con la "scusa" della tutela dei diritti si vuole realizzare un capovolgimento di valori, collegandoli a un’idea idea di costruzione sociale, andando oltre il diritto naturale.
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Che cosa propone, allora?
Sediamoci intorno a un tavolo. Non si può andare sul filo del voto in più o in meno, lo abbiamo visto, su principi che debbono unire il popolo italiano, specie in un momento come questo.
Ma tutto il fronte che ha votato il testo alla Camera, con l’eccezione di Italia viva, dice che, in realtà non si vuole alcuna legge.
Non posso essere tacciata di particolari simpatie per la Lega, sono note le mie perplessità che mi hanno spinto a uscire dal gruppo Forza Italia. Ma, onestamente, su questo argomento Salvini ha mostrato grande apertura, alla quale ha fatto riscontro dall’altra parte l’innalzamento di un muro.
Letta non si fida, pensa che si voglia solo perdere tempo.
Io invece, in nome della comune matrice che ci lega, gli consiglierei di metterlo alla prova. Bisogna allentare la tensione, e cercare un compromesso alto sul principio, da tutti condiviso, mettendo da parte le bandierine di parte.