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Antigone. Carcere, il fallimento della pena: due detenuti su tre tornano a delinquere

Luca Liverani venerdì 29 aprile 2022

Milano, il carcere di San Vittore

Qualche segnale positivo - reati in calo, meno detenuti stranieri - a fronte di molti, troppi dati negativi: alto tasso di recidiva, sovraffollamento, suicidi. «Abbiamo bisogno di ridare alla pena il senso che è andato smarrendosi - dice il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella - perché se il 62% dei detenuti è già stato in carcere un’altra volta, e il 18% cinque o più, il sistema non funziona. È il momento di rivedere le norme e le pratiche. Il carcere non può essere l’ultima frontiera di un welfare in crisi che non intercetta in tempo utile il disagio».

Nel momento in cui l’attenzione politica e legislativa sul pianeta carcere è alta, il XVIII Rapporto dell’associazione Antigone accende i fari sulle aree problematiche del mondo detentivo. Dopo un calo di presenze del 10% - contrazione nel 2020 dovuta al lockdown - i detenuti crescono: da 53.364 presenze a fine 2020, a 54.609 di fine marzo. Ancora una volta più detenuti che posti, il 107% secondo i dati ufficiali. Ma Antigone sottolinea come in realtà molti reparti e sezioni, conteggiati nella disponibilità di posti, siano in realtà chiusi per lavori o inagibili: in Puglia il sovraffollamento è al 134%, in Lombardia al 130%. E alcuni istituti hanno tassi pari a quelli che costarono all’Italia la condanna della Cedu, la Corte europea dei diritti dell’uomo: Varese 164%, Bergamo e Busto Arsizio 165%, Brescia 185%. Poi ci sono le persone con misure alternative alla detenzione: al 15 marzo 2022 erano 34.460: 20.347 (62,7%) in affidamento in prova ai servizi sociali, 11.241 (34,6%) ai domiciliari, 872 (2,7%) in semilibertà.

In leggera ripresa il numero dei reati nel 2021, dopo il calo da lockdown. Comunque una diminuzione del 12,6% rispetto al 2019. Prosegue la discesa degli omicidi: 289 nel 2021, 4 più del 2020 ma 25 in meno del 2019. Impressionante il raffronto col 1990, quando erano 3.012, più di 8 al giorno, 10 volte più di oggi. Preoccupante invece che la metà non siano commessi dalla criminalità: infatti il 40%, 116 persone, sono state donne (erano il 35% nel 2019). Quasi tutte, 100, uccise in ambito familiare/affettivo. In 68 casi da un partner o ex.

Preoccupa la recidiva, che dimostra la crescente inefficacia della pena. La media è di 2,37 reati a detenuto: nel 2008 erano 1,97. Calano i reati, calano i detenuti, ma aumenta il numero medio di reati per persona. Solo il 38% dei detenuti è alla prima condanna, mentre il 62% almeno un’altra volta, il 18% almeno 5 volte.

Insufficiente il numero di educatori in carcere: uno ogni 83 detenuti. Su un organico di 896 unità, ci sono 733 presenze. A Treviso c’è un educatore ogni 188 detenuti, a Busto Arsizio uno ogni 360, a Firenze uno ogni 164. Difficile, con questi numeri, immaginare percorsi di rieducazione. Dati che stridono con la presenza - sicuramente necessaria - degli agenti penitenziari: uno ogni 1,6 detenuti. Nell’Unione Europea solo l’Irlanda ha più guardie carcerarie che l’Italia.

Al 31 dicembre 2021 ben 19.478 i detenuti (poco meno del 40% del totale) che dovevano scontare una pena residua pari o inferiore a 3 anni, quindi gran parte di loro potrebbe usufruire di misure alternative. Migliora il dato dei detenuti con condanne in via definitiva, il 70%, 10 anni prima erano il 57%. Allarmano i suicidi, già 21 dall’inizio dell’anno, 13 volte più che "fuori".

Cala il numero dei detenuti stranieri, dato che smentisce certe narrazioni allarmistiche: se nel 2008 erano lo 0,71 della popolazione straniera residente, nel 2021 sono stati lo 0,33%. Cala anche la percentuale tra i detenuti: dal 36,1% del 2011 al 31,3% a marzo 2022. Sempre poche le donne in carcere: 2.276, pari al 4,2% della popolazione detenuta totale, percentuale stabile da due decenni, sotto la media Ue. del 5,3%. Ancora più bassi i numeri del ricorso al carcere per i minori. A oggi 350 ragazzi e 9 ragazze.