Attualità

LA SCURE SUL WELFARE. Non autosufficienti Regioni in affanno

Antonio Maria Mira mercoledì 2 marzo 2011
Tempi duri per malati gravi, disabili, anziani. Insomma per tante persone non autosufficienti. Per le loro famiglie e per chi, con sacrificio, li ha aiutati a condurre una vita degna di questo nome. È la conseguenza della decisione del governo di non rifinanziare il Fondo per la non autosufficienza, che da quattro anni sostiene progetti di autonomia: 400 milioni che non hanno trovato posto né nella Legge di stabilità di luglio né nel "milleproroghe", malgrado le regioni avessero sostenuto, unitariamente, un emendamento per ripristinare il finanziamento. E così ora proprio le regioni dovranno gestire il pesantissimo taglio. Alcune ce la faranno, ma solo per quest’anno, trovando una parziale copertura con propri finanziamenti. Ma la maggior parte dovrà operare un drastico ridimensionamento dei servizi. Al Nord come al Sud, nelle regioni più efficienti e in quelle che arrancano, in quelle coi bilanci a posto e in quelle con la sanità commissariata. Un quadro di tagli generalizzato.La Lombardia, che riceveva circa 56,5 milioni di euro, ritiene di poter assicurare i servizi per quest’anno. La regione ne metterà altri 40, circa il 60% di quanto stanziava prima. Ma il prossimo anno andrà malissimo. Niente finanziamento statale mentre, ci spiegano in regione, «avremo difficoltà a mettere la nostra quota». A rimetterci saranno soprattutto i "piani di zona" gestiti dai comuni e, in particolare, gli interventi domiciliari. «Il taglio – denunciano ancora – ci mette ancora più in difficoltà perché avevamo messo in piedi molti servizi». E già famiglie e associazioni vengono, preoccupate, a chiedere informazioni. In Veneto (unica regione), assicurano che non ci saranno problemi. Ma nello stanziamento per la non autosufficienza previsto nel Bilancio 2011 mancano circa 20 milioni, poco meno del trasferimento statale.Situazione di preoccupazione in Toscana. «Siamo in grandissima difficoltà – ci spiegano all’assessorato per le Politiche sociali – ma, utilizzando tutte le risorse regionali e statali, anche quest’anno riusciremo a garantire tutti i servizi». Ma per gli anni successivi il "buco" è assicurato. Un durissimo colpo per una regione che ha il più alto tasso di anzianità e ha molto puntato sull’alta qualità dei servizi, dotandosi, tra le poche, di una propria legge sulla non autosufficienza.Nelle Marche i "ritardi" potrebbe rinviare il problema. Che, però, ci sarà sicuramente. La regione, infatti, non mette propri finanziamenti e utilizza solo quelli statali (23 milioni in tre anni). Ma essendo partita con tre anni di ritardo e avendo, quindi, cominciato a usarli solo nel 2010, dovrebbe essere "coperta" fino al 2013. Poi cominceranno i guai, sempre che nel frattempo non trovi fondi propri. Va peggio nella vicina Umbria dove, come spiega l’assessore Carla Casciari, «la regione garantirà, a valere dal proprio bilancio, la parte del Fondo regionale per la non autosufficienza, ma non potremo certo sostituirci completamente ai tagli sui trasferimenti dell’apposito Fondo ministeriale». Ed anche lei parla di «crescente difficoltà».Ancora peggio va in Campania, regione alle prese col piano di rientro per la sanità. Il Fondo trasferiva 32,1 milioni di euro che ora non si sa dove trovare. Qualcosa, ma solo briciole (poche centinaia di migliaia di euro), potrebbe essere trovato nei fondi per gli interventi sociosanitari. Un po’ meglio va in Sicilia dove assicurano che per il 2011 non ci dovrebbero essere problemi. «Ma dovremo cominciare a preoccuparci già per la programmazione del 2012». Si spera di trovare i fondi necessari tra bilancio regionale e trasferimenti statali «ma è difficile che riusciremo a coprire il resto».In Puglia vedono nero. «La scelta del governo ci ha messo in ginocchio», denuncia l’assessore Elena Gentile. La Regione, che ha istituito un proprio Fondo prima di quello statale, metterà 18 milioni che si cercherà di aumentare in sede di assestamento di bilancio. Ma sarà impossibile recuperare i 24,2 milioni statali. «Questo – aggiunge l’assessore – ridimensionerà molto il numero degli interventi, che vanno dai disabili alle persone in stato vegetativo e agli anziani. Situazioni che torneranno sulle spalle delle famiglie e in particolare delle donne».