Covid. «Terza dose? Prima diamo i vaccini a tutti, anche a chi è più povero»
Un ragazzo vaccinato all’hub Pirelli Bicocca di Milano
Mentre i Paesi occidentali preparano la nuova strategia contro la variante Delta – con evidenza, ormai, la terza vaccinazione di massa per tutti – e il resto del mondo arranca per ottenere la prima dose almeno per i più fragili, tocca di nuovo all’Organizzazione mondiale della sanità alzare la voce sulle disparità sempre più inaccettabili della campagna vaccinale nel mondo.
Un appello ripetuto decine di volte negli ultimi mesi e rimasto del tutto inascoltato se è vero – come hanno dimostrato i dati ripresi anche da Avvenire appena due giorni fa – che a fronte di una “scorta” di un miliardo di vaccini inutilizzati nei magazzini dei Paesi ricchi appena il 2% delle dosi disponibili è arrivata in quelli poveri. «Crediamo che i dati fino ad oggi non indichino la necessità della terza dose di vaccino anti-Covid» ha puntualizzato in conferenza stampa ieri Soumya Swaminathan, responsabile scientifica dell’Oms, secondo cui la priorità al momento deve essere quella di aumentare le coperture nei Paesi che ancora non hanno avuto accesso ai vaccini.
Iniziare con i booster, cioè con il rinforzo del richiamo, con buona parte del mondo ancora non immunizzata potrebbe anzi essere addirittura controproducente: «Ci opponiamo fermamente alla terza dose per tutti gli adulti nei Paesi ricchi perché non aiuterà a rallentare la pandemia. Togliendo dosi alle persone non vaccinate i booster favoriranno l’emergere di nuove varianti» ha aggiunto l’esperta dell’agenzia dell’Onu. «C’è abbastanza vaccino in tutto il mondo, ma non sta andando nei posti giusti nell’ordine giusto, per salvare più vite possibile e prevenire più malattie gravi possibile» ha aggiunto un altro esperto dell’Oms, Bruce Aylward. E «la variante Delta di Sars-CoV-2 – ha concluso l’epidemiologa Maria Van Kerkhove, esperta a capo del gruppo tecnico Oms per il coronavirus – sta circolando veramente nelle aree con bassi livelli di copertura vaccinale e in un contesto di utilizzo limitato e inconsistente di misure sociali e di sanità pubblica».
Di terza dose, d’altronde, in queste ore si parla con sempre maggiore insistenza anche in Italia. Necessaria secondo la maggior parte degli esperti e per il governo, che sta già valutando la calendarizzazione delle somministrazioni per l’autunno nel caso dei soggetti immunodepressi come i trapiantati e i pazienti oncologici in chemioterapia («La terza dose andrà fatta, partiremo a ottobre» ha rimarcato ieri il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri).
La priorità, ovviamente, resta il raggiungimento dell’obiettivo dell’80% degli italiani vaccinati con due dosi: quello che fino a qualche settimana fa veniva indicata come la soglia dell’immunità di popolazione e che ora è invece stata sbriciolata dalla contagiosità della variante Delta e dalla sua capacità di ridurre (anche se di poco) l’efficacia dei vaccini.
Un risultato che tuttavia potrebbe frenare la ripresa della curva dei contagi e rallentare, soprattutto, il graduale aumento dei ricoveri degli ultimi giorni. I dati del Bollettino di ieri, pur indicando una situazione stabile e in ogni caso lontanissima dai picchi di contagi che si stanno toccando nel resto d’Europa, evidenziano ancora delle criticità: 7.260 i nuovi contagi (col tasso di positività che sale al 3,5%), altri 18 i posti letti occupati nelle terapie intensive (con 40 ingressi giornalieri) e 55 morti.
Osservata speciale sempre la Sicilia, col suo record di non vaccinati che a ogni giorno che passa alimenta nuovi record di contagi, ricoveri e decessi: nella sola isola ieri si sono registrati 1.377 casi (8,5% il tasso di positività qui) e ben 16 decessi, tra cui alcuni ricalcolati non dai mesi scorsi, come avvenuto in passato, ma dai giorni successivi a Ferragosto. La situazione più difficile è quella delle rianimazioni: 83 i pazienti ricoverati al momento, la quasi totalità dei quali senza vaccino, per una percentuale di posti occupati che ha ufficialmente superato la soglia fissata dal governo per il ritorno in zona gialla (è all’11% secondo l’Agenas).
Eppure, a differenza di quanto previsto negli ultimi giorni, l’isola dovrebbe evitare la “bocciatura” del monitoraggio di oggi: il governo preferirebbe monitorare la situazione per un’altra settimana (una scelta probabilmente più legata a ragioni economiche e turistiche che sanitarie) e poi decidere sulle restrizioni, che in zona gialla in ogni caso restano blande, col solo obbligo di mascherina anche all’aperto e la riduzione dei commensali seduti al ristorante da 6 a 4. Tanto che in molti, nella comunità scientifica, iniziano a chiedersi se le misure di intervento non dovrebbero essere legate alle vaccinazioni più che alle restrizioni: oltre alla Sicilia, le altre regioni che vedono giallo all’orizzonte sono – nuovamente – quelle più indietro con la campagna vaccinale, cioè Sardegna e Calabria.