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Francia. Le reazioni in Italia: la sinistra esulta, ma l'unità è tutta da costruire

Massimo Chiari lunedì 8 luglio 2024

Giorgia Meloni osserva da ore le reazioni delle opposizioni al risultato del voto francese. L'entusiasmo che prende forma dietro poche parole: uniti si può vincere. La premier scuote la testa: l'unità non può essere solo somma di numeri, quella condanna all'instabilità politica, non basta stare contro serve un programma condiviso. E - chiosa - l'Italia rischia di assomigliare alla Francia. Meloni ragiona sul voto francese in più di una telefonata.

Poi tocca al capogruppo Tommaso Foti analizzare le incognite che prendono forma dietro il voto: «Quello che le urne francesi ci restituiscono è un Rassemblement National che non riesce ad imporsi al secondo turno, nonostante fosse uscito vincente al primo, a causa della strategia della desistenza che ha accomunato Macron e Melenchon. E così, pur di fermare la destra di Le Pen e Bardella sono saliti tutti sulla zattera di un malinteso fronte repubblicano: liberal, comunisti, antisemiti, filoislamisti. Un frullato di idee, programmi e tradizioni antitetiche, che porta ad una maggioranza solo numerica e consegna l'Eliseo e la democrazia francese all'instabilità politica. E come in Italia le foto delle ultime settimane ci restituiscono i leader di sinistra, in un caleidoscopio confusionario, uniti contro Giorgia Meloni ma divisi su tutto, anche in Francia i fatti dimostreranno che il cartello degli opposti non sarà in grado di governare».

Qualcosa di vero nell'avvertimento di Palazzo Chigi c'è. E non basta dire unità. L'unità va costruita e costruirla non è facile. Basta leggere le dichiarazioni di Elly Schlein e di Giuseppe Conte. «Risultato straordinario per la sinistra unita e una bella risposta di partecipazione. La destra si può battere», esulta la segretaria del Pd. «La grande partecipazione del popolo francese premia la proposta popolare e progressista di chi non ha mai avuto dubbi sulla pace, sulla difesa dei diritti sociali e sulla tutela dei più fragili», puntualizza il capo del Movimento 5 stelle. Ecco le differenze prendere forma. Ecco la rivalità che allontana l'unità.

Enrico Letta conosce la Francia, conosce l'Italia e conosce l'Europa. «Macron comunque sarà sulla scena. Sarà lui a dare l'incarico e il voto dice che devono trovare una larga coalizione. Senza veti e senza usare la clava uno contro l'altro. È l'ultima chance che i francesi danno a una politica europeista e non può essere buttata via... In Francia devono mettere da parte gli egoismi e costruire un'alleanza larga che funzioni e abbia vita lunga. Se facessero una coalizione che si va a schiantare nell'arco di pochi mesi, o una cosa debole, insulsa, insipida, sarebbe il modo migliore per aiutare Le Pen a vincere le presidenziali».

Ecco il punto: mettere da parte gli egoismi. Vale per la Francia e vale per l'Italia che oggi esulta davanti al voto francese senza però rinunciare a mettere da parte le bandierine dei singoli partiti. Tutti dicono che uniti si vince ma poi? Fratelli d'Italia spinge. «Nessuna scommessa persa. Era naturale che, tra una sinistra radicale filo-islamista, un macronismo al tramonto e il "blocco nazionale" delle destre, la nostra simpatia andasse a quest'ultimo. Purtroppo il sistema francese favorisce alleanze innaturali pur di fermare l'avversario. Ora molti esultano per aver salvato la Repubblica, ma in realtà l'hanno fatta precipitare nel caos e nell'instabilità», dice Carlo Fidanza, capodelegazione di FdI al Parlamento europeo. Fidanza poi guarda all'Italia: «L'ormai ex campo largo non è molto diverso da questo inquietante fronte popolare. Gente che sta insieme soltanto "contro", senza uno straccio di programma comune. Un modello già sconfitto dagli italiani, la migliore assicurazione sul futuro del governo Meloni».

Sarà, ma intanto la sinistra ci crede e le opposizioni insistono. «Vive la France. E viva anche la Gran Bretagna. A distanza di pochi giorni il voto a Londra e Parigi mettono all'angolo conservatori e destra. Sistemi elettorali diversi dal nostro e tra loro. Sarebbe sbagliato leggere il voto in chiave italiana ma non c'è dubbio che soprattutto il voto francese ci dice una cosa semplice: che uniti possiamo battere la destra. È vero, non basta dire no alla Meloni, bisogna riempire di contenuti il campo democratico ma intanto possiamo dire che ci troviamo la Meloni a governare perché noi siamo andati divisi al voto. Bisogna costruire un programma per il campo democratico, il più inclusivo possibile che non significa però un programma annacquato», ripete Sandro Ruotolo, europarlamentare e componente della segreteria Pd. Ecco la sfida per Schlein e Conte. Meloni guarda e (per ora) non sembra preoccupata.