Attualità

La norma. Voto di scambio, sì definitivo del Senato

Vincenzo R. Spagnolo giovedì 17 aprile 2014

Ieri a mezzogiorno, in un clima incandescente, il Senato ha approvato in quarta lettura (con 191 sì, 32 no e 18 astenuti) il disegno di legge che introduce la nuova formulazione dell’articolo 416-ter del codice penale, che punisce il voto di scambio politico-mafioso: non sarà indispensabile una dazione di denaro per contestarlo, ma potrà bastare per il mafioso la promessa dei voti in cambio, da parte del politico, della promessa anche solo di «altra utilità». Dunque, seppur a prezzo di nuove scene di scontro in un’Aula parlamentare, stavolta la politica è arrivata in tempo: nei prossimi giorni, il testo andrà in Gazzetta Ufficiale, col necessario anticipo per poter essere eventualmente impiegato dagli organi inquirenti nell’imminente tornata elettorale del 25 maggio, quando si voterà non solo per le elezioni europee, ma anche per il rinnovo delle amministrazioni di oltre 4mila Comuni (fra cui almeno 18 sciolti per mafia, fra cui Casal di Principe e Castelvolturno in Campania, Platì in Calabria ma anche Leinì e Rivarolo Canavese nel Torinese) e per i presidenti e i Consigli regionali di Abruzzo e Piemonte.Il voto dell’Aula di Palazzo Madama è stato preceduto da infuocati scontri verbali. Alcuni parlamentari 5 Stelle hanno esposto cartelli con foto di Giorgio Napolitano e fotomontaggi di Renzi e Berlusconi con una "coppola" siciliana e la scritta «I padrini del voto di scambio». Dai propri banchi, alcuni deputati del Pd hanno risposto col coro «buffoni, buffoni», mentre i commessi provavano a riportare la calma. A riscaldare gli animi ha contribuito una diatriba sul regolamento, coi senatori grillini contrari alla decisione della conferenza dei capigruppo di procedere alle votazioni delle proposte di modifica, limitando le dichiarazioni. Poi il clima è degenerato, le urla sono aumentate e il presidente Grasso, che aveva già avvisato tutti («Chi disturba va fuori») ha usato le maniere spicce, intimando a due senatori 5 Stelle, Maurizio Santangelo e Alberto Airola (che urlavano durante le dichiarazioni dei relatori dei partiti favorevoli al provvedimento) di uscire: «Se le dico di tacere, lei deve tacere. Fuori! Ha possibilità di rientrare se si scusa...».

Bagarre a parte, nel merito il Movimento 5 Stelle resta contrario: «È una norma inutile, un favore alla mafia e ai suoi sodali – sostiene Michele Giarrusso –. Vi serve perché ci sono le elezioni e qualcuno deve fare un nuovo patto con la mafia». Di parere diametralmente opposto il Pd, che con la presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro osserva: «Ricordo soltanto che il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, che credo in materia abbia più meriti dei senatori del M5S, l’ha definita "una norma perfetta"...». Concordano il vice segretario del partito, Lorenzo Guerini («Oggi vincono trasparenza e legalità») e la responsabile Giustizia Alessia Morani: «Dopo 20 anni la modifica è stata approvata. L’antimafia si fa coi fatti e non con le urla del Movimento 5 Stelle». Favorevole anche il Nuovo Centrodestra: «Si rafforza l’azione di contrasto nei confronti delle contiguità tra politica e malaffare». Fuori dal Parlamento, soddisfatta a metà l’Unione delle Camere penali: «Resta la possibilità di applicazioni giurisprudenziali poco garantite, ma almeno è stata tolta l’ipotesi della mera "disponibilità" a patti elettorali illeciti, che avrebbe reso indeterminato il reato».