Il racconto. Volontariato, chi si impegna (gratis) nel 2024
A Trento le installazioni con l'hashtag "Gente felice"
Chi fa volontariato fa politica. Nel senso più alto del termine. In tempi di arroccamento a difesa del proprio “io”, di individualismo spinto oltre i limiti, la notizia che arriva da Trento, Capitale europea del volontariato per l’anno 2024 e laboratorio avanzato per antonomasia su Terzo settore e non profit, è che il cambiamento è tra noi. Siamo oltre quel dato, -15% di persone impegnate nelle istituzioni non profit certificato dal censimento Istat del 2021 (rispetto al 2015) in cui si raccontava di una metamorfosi in atto. Oltre 4,6 milioni di italiani continuano a spendersi gratuitamente per il prossimo, nonostante la sindrome da “ritiro sociale” dei più giovani e il minor tempo di nonni
multitasking
che preferiscono restare in casa, facendo da colonna portante nelle proprie famiglie. Il convegno organizzato venerdì nel capoluogo trentino da Euricse e Labsus ha raccontato scenari e nuove pratiche di cittadinanza attiva, «perché i numeri vanno interpretati e semmai dobbiamo parlare di trasformazione del volontariato» spiega Jacopo Sforzi, ricercatore di Euricse. Ci sono ragazzi che si mobilitano a chiamata, ci sono studenti per cui si fa un’esperienza in un centro estivo per poterla mettere nel curriculum, ci sono disoccupati che partecipano a iniziative sociali per entrare in nuove filiere di relazioni. Questo non è soltanto il frutto della stagione della socialità liquida, anzi fluida. Sono ormai le ragioni stesse del servizio alla comunità ad essere mutate.
Cosa raccontano i territori
Volete esempi del cambiamento? A Torino c’è una Fondazione di Comunità, si chiama “La Casa nel parco” che a Mirafiori Sud fa da presidio sociale, ricevendo e smistando richieste dei cittadini, proponendo attività e iniziative per tutte le età. Interessante anche quanto avvenuto a Mestre, dove la “portineria di quartiere” è stata pensata da 30 volontari per garantire contemporaneamente presidi medici ambulatoriali agli anziani, con l’assistenza alle persone sole, e da universitari e scout che organizzano attività ludiche e ricreative, oltre a laboratori digitali. Anche l’esperienza degli “Empori solidali” sta evolvendo: prendete il caso di Viterbo, dove oltre alla raccolta e alla distribuzione di generi alimentari per chi ha bisogno si è aggiunta l’organizzazione di “cene in piazza” e soprattutto i doposcuola e la fornitura di “kit scolastici” per ragazzi. Anche a Milano, dove hanno preso forma i cosiddetti “patti di collaborazione”, gruppi di persone che mai si erano impegnate prima hanno fatto rete per la presa in carico dei beni comuni. Proprio la necessità di muoversi insieme, di progettare in modo condiviso il futuro, permette a Trento di essere avanti rispetto al resto d’Italia, e non da oggi. Con la recente creazione di “Svolta”, un vero e proprio ufficio di progettazione sociale, realtà come il Csv Trentino, la Fondazione Caritro e la Fondazione Trentina per il Volontariato sociale, hanno istituito uno spazio di confronto che consente di leggere le esigenze del territorio e fare programmazione per i prossimi decenni. Per Chiara Tommasini, presidente di CsvNet, la rete nazionale dei Centri servizi per il volontariato, «i territori raccontano fenomeni di volontariato in movimento: ci si può attivare su base personale per le grandi calamità, come terremoti e alluvioni, in modo episodico, oppure per fatti legati a grandi eventi, anche culturali». Diventa centrale la comprensione di quel che sta accadendo dentro le città, le periferie, i paesi, luoghi in cui «dobbiamo riuscire a intercettare la voglia di impegno di tanti cittadini». In alcuni casi, come nel Lazio e in alcune Regioni del Sud, i Csv registrano già, ad esempio, rispetto alla diminuzione delle persone coinvolte, l’effetto legato a scenari come lo spopolamento o la fuga dai territori. «Non manca la voglia di impegnarsi, ma non si sa dove e come farlo».
Trento è capitale europea 2024 del volontariato - Dal web
La questione generazionale
Esiste un problema generazionale? Probabilmente sì, viste le conseguenze negative della pandemia sulla generazione “fragile”. Però quel che più colpisce, è la difficoltà degli stessi addetti ai lavori nel fotografare la situazione di “volontariato flessibile”, à la carte degli under 30. È tutto troppo smart, troppo instabile, troppo incerto anche per le realtà più organizzate: adolescenti e giovani, quando decidono di impegnarsi, «fanno esperienza», cambiano spesso luoghi e non sono assimilabili alla figura tradizionale del volontario over 50, che opera invece solitamente in enti strutturati, con impegni fissi e tempi certi, senza dimenticare che logiche occupazionali volatili costringono i ventenni di oggi a combinare più facilmente piccoli lavori precari saltuari, piuttosto che a fare scelte a costo zero. «Comunicare lo spirito di gratuità resta difficile dentro le stesse associazioni» osserva Tommasini, mentre Sforzi segnala, in positivo, «la riscoperta del valore della prossimità e la nascita che stiamo seguendo da tempo delle cosiddette comunità intraprendenti».
Lo spazio politico
Complessivamente, l’universo dei volontari in Italia appare meno capillare eppure più disposto, almeno a parole, a impegnarsi per cambiare il mondo. Qui torna in campo la vocazione politica di chi si prende cura della comunità. Se si fa volontariato, sostengono nel 94% dei casi gli attivisti di un progetto dal basso realizzato in Lombardia, lo si fa «perché si ritiene di poter influenzare le scelte politiche attraverso processi partecipativi». Attenzione: non è uno schierarsi con questo o quel partito, quanto piuttosto avere la consapevolezza di poter contare nel dibattito pubblico su una presenza e uno stile diverso: dialogico, relazionale, condiviso. «La spinta alla partecipazione, sia pur non ancorata a dinamiche organizzative consolidate, conferma che c’è un potenziale di spontaneità molto ampio» ha sottolineato Mauro Diani, presidente di Euricse. Secondo Gregorio Arena, che ha insegnato diritto amministrativo all’Università di Trento, «l’articolo 118 sulla sussidiarietà favorisce le libere iniziative dei cittadini. Da giurista, sono convinto del ruolo costituzionale ricoperto dal volontariato: i volontari sono i veri garanti del bene comune». Per Pasquale Bonasora, che guida Labsus «in un momento come questo, è in gioco la qualità stessa della democrazia: strumenti come i patti di collaborazione, la co-progettazione, le attività sui beni comuni dicono che il volontariato non fa da supplente a pubblico e privato. È già di per sé un soggetto politico».