Attualità

LE STORIE DI AVVENIRE. Viviana, la felicità è tornare a scuola

Domenico Montalto domenica 7 novembre 2010
Viviana Visciani festeggia i suoi otto anni riempiendo fogli e fogli di disegni raffiguranti alberi, fiori, farfalle: il mondo di fuori, il mondo della natura e soprattutto della libertà, che così a lungo le è mancata. La bambina è euforica, loquace. Per lei questo è un compleanno indimenticabile, con tre grandi regali: ora vive finalmente in una casa e non più in ospedale; le hanno tolto il catetere che portava sul petto da tanto tempo; le sono ricresciuti i bei capelli, castani e ricci, che aveva perso a causa di novanta chemioterapie a base di interferone. Un «supplizio» per chiunque, figuriamoci per una bimba, una vispa come lei; ma un supplizio necessario per tentare di salvarla dal nefroblastoma di Wilms, una della 32 malattie considerate dalla scienza medica «rare», che si è accanita contro di lei per un anno e mezzo, costringendola a sopportare cure massive e dolorose, oltre che l’asportazione chirurgica di un rene e due operazioni ai polmoni. Ma ora Viviana sta – letteralmente – tornando a vivere. La tac effettuata a settembre ha dato buon esito: le lesioni ai polmoni risultano assorbite, la chemio è stata sospesa, e Viviana è stata finalmente dimessa dal reparto di onco-ematologia del «Salesi» di Ancona, che era divenuto per lei tetto e famiglia.Forse possiamo mettere la parola fine – un lieto fine – alla storia di questa piccola di Lucera, nel Foggiano; una storia strappalacrime, di sofferenza umana e familiare portata con dignità, che ha commosso l’Italia intera, e che era venuta alla luce proprio grazie ad Avvenire, ai servizi della nostra collega Antonella Mariani. Per mesi, Viviana, malata, e i suoi genitori Antonio e Lucia sono stati costretti a vivere sulla strada, senza un soldo, rifugiandosi in macchina. Il papà aveva perso il lavoro – l’unico reddito che entrava in casa – e subito dopo la famiglia era stata sfrattata. Il proprietario dell’appartamento non aveva dimostrato la minima sensibilità per il drammatico stato di bisogno dei Visciani. Giorni e giorni in trasferta sull’autostrada, tra Lucera e Ancona; poi lunghe nottate all’addiaccio, mentre la figlioletta era ricoverata in un letto d’ospedale, trapassata da flebo, sonde, aghi. Per i coniugi Visciani la sorte aveva riservato – in serrata sequenza – colpi che avrebbero messo in ginocchio qualunque coppia e famiglia. La disoccupazione, la malattia della figlia, la perdita dell’abitazione, l’umiliazione di dover dipendere dagli altri per la sussistenza, chiedendo soccorso e trovando porte chiuse: quelle dei parenti, quelle delle istituzioni. «Dal Comune e dai servizi sociali di Lucera non abbiamo avuto un aiuto – sottolinea amaramente la signora Lucia –. Non un alloggio, non un assegno, non un ausilio. Dobbiamo però ringraziare l’ex vicesindaco Fabio Valerio che più volte si è adoperato, personalmente e senza appoggi, per alleviare la nostra situazione».Adesso tutto ciò appartiene al passato. Viviana sta riassaporando la «normalità»: è guarita, si mostra di buon umore, ha ritrovato la gioia di mangiare con gusto, dopo tanta forzata inappetenza causata dalle chemioterapie e dalle ulcerazioni alle mucose della bocca. Ma soprattutto, Viviana gioisce dell’essere tornata nella sua Lucera e sui banchi di scuola, dove bambini e maestre l’hanno accolta con una grande festa. Finalmente, anche lei può fare i compiti. Inoltre, i Visciani hanno ritrovato un tetto, anche se – chiosa Lucia – «facciamo i salti mortali per pagare l’affitto». Il miracolo che manca è quello di un impiego per Antonio, ancora disoccupato. Tutto ciò che è saltato fuori, in questi mesi di incessante domandare, è stato un lavoro in nero presso l’impresa di pulizie di un conoscente: due stipendi mai pagati. Borsa-lavoro pubblica? Soltanto promesse, vane parole di politici e di burocrati. «Qui è un’altra Italia», sintetizza con rassegnata ironia il padre di Viviana.Nonostante tutto, Viviana ha realizzato il suo sogno, ed è questo che conta. Un sogno scaturito da un altro sogno, bello e misterioso. Racconta mamma Lucia: «Era l’aprile del 2009. Viviana doveva essere operata. Mi chiamò e mi riferì di aver sognato, vedendo "un’immensa luce e sentendo una voce dolce e calma" che la esortava a pregare, perché "Gesù e la Madonnina" erano vicini a lei, e l’avrebbero fatta "uscire dall’ospedale". E così è stato».Lucia dice la sua famiglia «sta ricominciando tutto daccapo». Il loro è un ripartire dopo una prova durissima, superata anche grazie all’aiuto di molti. Perché è questa l’altra bella notizia nel caso doloroso di Viviana: lei e i suoi non mai stati lasciati soli. «In questo tempo di sofferenza – racconta infatti la signora Visciani – siamo stati circondati da una rete di solidarietà. Molti ci hanno aiutato concretamente, a cominciare da Avvenire e da Antonella Mariani, che per noi hanno fatto davvero moltissimo, dando visibilità al nostro dramma. Tante persone – mi spiace dirlo, soprattutto fuori dal mio paese e dalla cerchia dei parenti – ci sono state vicine, ci hanno fatto toccare con mano – in un luogo di sofferenza qual è l’ospedale – la realtà dell’amore cristiano, facendoci vedere che c’è tanta gente che crede nei valori, che l’indifferenza non è l’ultima parola sul nostro vivere. Il mio pensiero grato va all’Associazione "Le patronesse" di Ancona che, tramite Milena Fiore, ci hanno procurato un alloggio gratuito, ed è stata vicina a Viviana con visite, regali, contributi. Un grazie anche ai volontari del servizio di clownterapia, che col buonumore portano un po’ di conforto ai piccoli ricoverati. Un grazie pieno di riconoscenza ai dottori Paolo Pierani e Ascanio Martino, chirurgo pediatrico che ha operato nostra figlia tre volte: ci hanno dimostrato cosa significhi la competenza medica accompagnata sempre da una grande umanità. Infine un grazie alle nostre zie Emma e Alfonsina che, da Foggia e da Milano, si sono prodigate per noi come mamme. Certo viene spontaneo domandarsi il perché, il senso di tanto spavento e di tanta sofferenza, per la bimba e per noi genitori. Ma il perché non lo possiamo trovare da noi. Il perché lo conosce solo Dio. E Dio esiste, ed è buono. E si mostra attraverso l’amore di cui gli altri, anche sconosciuti, ci fanno oggetto. Questa verità l’ho vissuta sulla mia pelle di madre e di donna, e la proclamo a chiare lettere».