L'iniziativa. Vivi Avvenire a Venezia: «Dentro al carcere con i nostri occhi»
Vivi Avvenire alla Biennale d'arte di Venezia, un gruppo di partecipanti sotto l'opera di Maurizio Cattelan fuori dal carcere femminile della Giudecca che ospita il Padiglione della Santa Sede
l piacere di ritrovarsi e riconoscersi, il desiderio di rivedersi. È un sapore autentico e forte di comunità quello che lascia l’esperienza di Vivi Avvenire: tre giorni in cui si sono trovati a Venezia chi il giornale lo legge e chi lo fa, condividendo la visita al Padiglione della Santa Sede alla Biennale, dal titolo “Con i miei occhi” e, come è noto, ambientato nella Casa di reclusione femminile della Giudecca, e quindi nel pomeriggio della scala elicoidale di palazzo Contarini del Bovolo, che grazie al personale di Ipav è stata occasione anche di scoprire la storia e l’attualità dell’assistenza sociale della città. Un’esperienza forte, decisiva nella scelta di partecipare da parte di settanta abbonati storici e nuovi: docenti (che portano gli articoli del quotidiano in classe come spunto di approfondimento e dibattito), professionisti, avvocati, studenti universitari, impiegati, dirigenti, educatori, laici impegnati nelle comunicazioni sociali della propria diocesi, sacerdoti, pensionati… Fino al signor Francesco di Ferrara, grintosamente «abbonato da 60 anni, quando c’era ancora l’Avvenire d’Italia», e che di Avvenire conserva la prima copia. Tutti lettori attenti e critici, in gran parte impegnati nel sociale, che hanno risposto all’invito – non a un viaggio qualsiasi, ma a un’esperienza condivisa fuori dai luoghi comuni – anche per la fiducia nei confronti dello stile dell’informazione di Avvenire e un forte senso di appartenenza verso il giornale. I cui contenuti e le cui pagine hanno costituito il terreno comune di un dialogo schietto e aperto.
Vivi Avvenire alla Biennale d'arte di Venezia, l'ingresso al Padiglione della Santa Sede al carcere femminile della Giudecca - G.Matarazzo
Ma è impossibile sottovalutare il significato e l’impatto prodotto dalla visita della mostra in carcere, con l’incontro delle detenute, nel creare il senso profondo di Vivi Avvenire.
Lo restituiscono al meglio le parole con cui alcuni di loro hanno voluto commentare la giornata. Come quelle di Giorgia, studentessa di Giurisprudenza: «Sono qui a Venezia, grazie ad Avvenire, in una città piena di ponti. E questa esperienza per me è stata un po’ un ponte tra quello che c'è fuori e che noi viviamo tutti i giorni e quello che c'è dentro, di cui sentiamo anche parlare, però non riusciamo a vedere. È stata un'esperienza molto forte». «Abbiamo potuto vedere uno spazio di sofferenza di molte vite e della nostra società – osserva Paolo di Genova –. Mi hanno colpito le persone che ci hanno guidato nel percorso, i loro occhi, ma anche le assistenti e la loro umanità. E che ora porteremo nel nostro ricordo, per sempre». Alessandra di Roma sottolinea «la spinta all’interiorità arrivata dalle guide, in particolare quando nell’ultima opera, nella cappella sconsacrata, ci hanno invitato a guardare in alto». Caterina e Bernardo di Desenzano sono convinti che «iniziative “valoriali” di questo tipo, se ripetute, possano essere un ulteriore valore aggiunto per il nostro giornale».
Vivi Avvenire a Venezia: l'ingresso alla Scala Contarini del Bovolo - G.Matarazzo
Per Elena di Como «questa giornata a Venezia è stata un’opportunità bellissima. Spero che ci siano altre iniziative. Perché entrare in luoghi così, a cui Avvenire dà voce spesso, viverli di persona è un’esperienza che merita di essere vissuta e raccontata. Con il giornale, ma anche personalmente a chi conosco». E così, infine, anche Raffaella di Brescia: «Un’occasione importante, direi unica, questa di Avvenire. E mi auguro che ci aiuti a trovare altre occasioni di incontro, di stare insieme, di vedere con i nostri occhi e di lavorare sul sociale».
Vivi Avvenire a Venezia, un gruppo di partecipanti in cima alla Scala Contarini del Bovolo - G.Matarazzo