Attualità

INTERVISTA. Keetharuth: «Vivere in Eritrea è peggio che morire»

Paolo Lambruschi lunedì 7 ottobre 2013
Ogni mese almeno 4.000 persone, perlopiù giovani, fuggono dall’Eritrea e si imbarcano in Libia dopo aver varcato a ogni costo il deserto del Sahara. Le ragioni di questa fuga le spiega Sheila Keetharuth, battagliera legale delle Mauritius, nominata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu a fine 2012 Special Rapporteur sui diritti umani nel Paese più chiuso dell’Africa. Ha presentato un documento sull’Eritrea lo scorso maggio e il mese dopo il suo mandato è stato prolungato di un altro anno. Il regime dell’Asmara ha cooperato?No, fin dall’inizio mi hanno comunicato che non mi avrebbero fatto entrare perché non riconoscevano il mio ruolo. Il rapporto è stato steso ascoltando le testimonianze dei rifugiati in Etiopia, Gibuti, Sudan.Cosa pensa della tassa sulla diaspora?La tassa del 2% sui redditi prodotti all’estero viola i diritti umani se dal pagamento dipende il rilascio dei documenti per il rimpatrio. Ed è illegale la riscossione con minacce, maltrattamenti e intimidazioni.Per Reporter Sans Frontieres è il Paese con meno libertà di stampa. Concorda?La situazione è preoccupante, manca un’informazione non governativa. Dopo gli arresti di giornalisti nel 2000 il controllo del governo è totale. In più la gente non ha facile accesso a internet, la cui penetrazione è bassa, soprattutto nelle aree rurali.E le libertà politiche e civili?Non c’è libertà di opinione, associazione o assemblea. Durante la mia missione ho incontrato diversi rifugiati nei Paesi confinanti che mi hanno confermato la persecuzione religiosa: finiscono in carcere soprattutto coloro che non appartengono alle fedi accettate, quella cristiano ortodossa, cattolica evangelica e islamica sunnita, comunque oggetto di controllo e interferenze. In molti casi pentecostali e testimoni di Geova, che fanno obiezione di coscienza al servizio militare, sono stati arrestati. Ho registrato anche diversi casi di discriminazione e violenza sulle donne. E la persecuzione delle minoranze etniche come gli Afar.Quanti sono i detenuti politici?Forse 10mila, non si sa dove siano imprigionati. I profughi parlano di container e celle sotterranee. I più famosi sono i cosiddetti G15, 11 leader politici e 10 giornalisti dissidenti arrestati nel 2001 e di cui si sa poco o nulla. Alcuni sono morti, altri malati. Ma in carcere ci sono finiti anche molti esponenti governativi, amministratori locali leader di comunità e religiosi, uomini d’affari, giornalisti, professori, e cittadini comuni, tutti colpevoli di aver espresso opinioni critiche o di aver posto domande. Basta un sospetto per essere arrestati senza un capo d’accusa formale o un processo. In più molti spariscono senza che le famiglie sappiano più nulla e questo è intollerabile. Chiunque abbia incontrato aveva un parente o un conoscente in galera. La tendenza è all’aumento della carcerazione arbitraria. È una situazione molto pesante. E le torture in carcere sono la norma durante gli interrogatori e le condizioni delle prigioni sono inumane..I profughi dicono di fuggire soprattutto dal servizio militare illimitato. I soldati spesso sono usati in lavori forzati come la costruzione di resort o nelle miniere. È vero?C’è una situazione che le autorità eritree definiscono di non guerra e non pace con l’Etiopia e questo secondo loro li autorizza alla coscrizione dei giovani per un tempo indefinito. I giovani vengono arruolati l’ultimo anno delle superiori e devono compiere l’addestramento militare. Ma vogliono vivere una vita normale e scegliersi la propria professione, farsi una famiglia, guardare al futuro. La coscrizione forzata e illimitata condiziona psicologicamente la loro crescita. Quando inizi il servizio militare, non sai quando finirà. Ho incontrato una persona che è stata 16 anni nell’esercito senza progressi nella vita personale. È una terra che non lascia speranze perciò i giovani sono pronti a oltrepassare i confini sfidando una polizia che spara per uccidere e anche se sono vittime di trafficanti senza scrupoli e rischiano di morire nel Sahara, nel Mediterraneo o di venire rapiti nel Sinai. Una tendenza preoccupante è la crescita di minori non accompagnati che varcano il confine. Sono famiglie disgregate perché entrambi i genitori sono arruolati o in cella.Coopererà l’Eritrea al nuovo rapporto?Ho detto ai rappresentanti del governo che non ho pregiudizi, ma che devo entrare per vedere la situazione. Aspetto una risposta.