Attualità

Lavoro nero. Associazioni e Comuni "adottano" gli operai sfruttati, scoperti a Vinci

Antonio Maria Mira sabato 19 dicembre 2020

Dallo sfruttamento alla solidarietà. Da una condizione di schiavitù al riconoscimento dei diritti. È la storia di 3 bengalesi e un cittadino del Myanmar che, assieme a 5 cinesi, erano costretti a lavorare in un garage trasformato in laboratorio tessile a Vinci.

Per 12 ore al giorno, per tutta la settimana, producevano giacche e pantaloni e in questi mesi mascherine. Tutto a cottimo. Vietato. Pagati 300 euro al mese, con un contratto irregolare, oltre ad altri soldi in nero. Li hanno scoperti i carabinieri del Nucleo tutela del lavoro, in un'operazione coordinata dalla Procura di Firenze.

E per la prima volta c’è stata la presa in carico sociale delle vittime da parte di associazioni, sindacato e servizi sociali. "Un esempio di buona prassi per combattere più efficacemente chi sfrutta il lavoro", commentano l'associazione L'Altro diritto e la Cgil di Firenze. Infatti ai lavoratori è stato assicurato un tetto e viene fornito supporto giuridico-legale per le questioni connesse ai loro permessi di soggiorno e a misure di tutela assistenziale e previdenziale.

L'operazione, eseguita a fine novembre ma resa nota solo ora, ha riguardato un immobile sito a Vitolini, frazione del comune patria del grande Leonardo. È di proprietà di un italiano che lo aveva affittato a un imprenditore tessile cinese. Oltre al laboratorio, irregolare, al primo piano era stato ricavato un ambiente dove gli operai vivevano nel degrado, pagando anche l'affitto e il vitto all'imprenditore.

L'iniziativa di presa in carico sociale dei lavoratori sfruttati è scattata subito dopo la notifica del provvedimento di sequestro da parte dei carabinieri, e ha visto la partecipazione de L'Altro diritto e della Cgil Empolese Valdelsa, in accordo con i servizi sociali dell'Unione dei Comuni del Circondario Empolese Valdelsa, gli operatori del Consorzio Co&So di Empoli e della cooperativa sociale Casae. La Caritas di Fucecchio si occupa dei pacchi di viveri e di beni di prima necessità. Un aiuto che, purtroppo, i cinque operai cinesi, tra i quali due donne, hanno rifiutato, preferendo restare con l'imprenditore. Ma il risultato raggiunto è ugualmente importante.

"In questo caso, a differenza del passato, siamo potuti intervenire in tempo reale per offrire un minimo di protezione alle vittime di sfruttamento”, spiegano il professor Emilio Santoro, fondatore de L'Altro diritto, e Paola Galgani, segretaria generale di Cgil Firenze. Infatti finché l’arresto degli sfruttatori porterà le vittime a stare in una condizione peggiore, saranno pochi quelli che denunceranno.

"Abbiamo scongiurato un cinico e beffardo destino - aggiunge Santoro - perché quasi sempre, nelle operazioni contro lo sfruttamento, gli sfruttati rischiano di essere vittime a loro volta della repressione dello sfruttamento. Il luogo in cui si lavora coincide con quello in cui si vive, le persone si ritrovano in mezzo a una strada senza un posto dove andare a dormire e senza nessuna fonte di reddito".

Inoltre, sottolinea con soddisfazione Santoro che insegna Filosofia del Diritto all'Università di Firenze, "c'è stata un'eccezionale risposta del territorio, dei servizi sociali e di tutto il terzo settore e privato sociale. Sarebbe bello che il progetto Lavoro Sicuro, appena rifinanziato dalla Regione, assumesse questa modalità operativa in ogni caso di sfruttamento lavorativo di cui gli ispettori per la prevenzione della sicurezza sui luoghi di lavoro verranno a conoscenza".

Per Galgani "servono sempre maggiori controlli sul territorio perché va stroncata ogni tentazione di far poggiare la ricostruzione post-Covid sulla criminalità e l’illegalità. Anche per questo serve che i progetti regionali di lotta allo sfruttamento non solo restino in campo ma trovino nuovo slancio e rafforzino il loro operato. Tutto ciò con un sempre maggiore coinvolgimento delle associazioni del territorio e delle amministrazioni locali".