7 ottobre. Lo scontro sul corteo di Roma: «Vogliono celebrare Hamas»
Un'attivista pro Palestina
Mentre in Medio Oriente si spara e piovono missili, in Italia la battaglia delle parole scalda la piazza in vista del 7 ottobre, triste anniversario del sanguinario raid di Hamas. La questura di Roma ha vietato la manifestazione pro Palestina organizzata per sabato, avendo ravvisato nella stessa «una volontà celebrativa della strage consumata in danno dello Stato di Israele». Il “no è stato motivato con il fatto che «le espressioni utilizzate per pubblicizzare l’iniziativa hanno una connotazione non compatibile con il diritto a manifestare pacificamente garantito dall’ordinamento giuridico vigente». Già nei mesi scorsi c'erano state tensioni durante i cortei pro Palestina: adesso, con la situazione internazionale sempre più esplosiva, il Viminale non ha intenzione di correre rischi.
Ma alcuni movimenti hanno già fatto sapere che scenderanno comunque nelle strade della Capitale. « Noi ricordiamo il 7 ottobre come data in cui il popolo palestinese ha messo in gioco la propria esistenza per non morire giorno dopo giorno nell’assoluta indifferenza» scrive il centro sociale Vittoria di Milano in un comunicato dove annuncia che, nonostante l’altolà, parteciperà al corteo nazionale di sabato. « Noi sappiamo, noi siamo tragicamente consapevoli che senza il 7 ottobre, senza la sua Resistenza, il popolo palestinese non esisterebbe più come identità, cultura, tradizioni, valori di solidarietà e di empatia». Per questo motivo, « non possiamo semplicemente accettare questo divieto, per questo - prosegue la nota dal titolo “Milano sa da che parte stare” - denunciamo l’intento terroristico del governo italiano e del ministro Piantedosi di voler depotenziare la partecipazione al corteo con la paura della repressione». Il Vittoria non sarà solo: alla manifestazione romana hanno aderito altre realtà milanesi come i centri sociali Cantiere e Zam. Le parole forti degli antagonisti non impressionano però il neo questore di Roma Roberto Massucci, che si è presentato ieri. Nemmeno il tempo di sedersi alla scrivania che si è subito ritrovato una bella gatta da pelare. « Esiste un divieto e va fatto rispettare» ha tagliato corto il dirigente, precisando però che sono in corso «un’interlocuzione » e un «dialogo» con i promotori per vedere di «trovare tempi diversi e una cornice di legalità» alla manifestazione. Quanto alla sicurezza per sabato, ha aggiunto, «stiamo già lavorando e ci sarà una un tavolo tecnico venerdì (domani, ndr) ». In estrema sintesi, anticipa Massucci, ci saranno «servizi a cerchi concentrici attorno a piazzale Ostiense fin dai caselli autostradali e lungo le direttrici che portano al centro di Roma e diventeranno sempre più stringenti».
Sarà insomma una Roma totalmente blindata quella che troveranno i circa 30 mila manifestanti attesi da tutta Italia. Il Viminale ha però promesso fermezza: probabile che i vari pullman in arrivo vengano respinti e rimandati al mittente. A rasserenare il clima ci ha provato la Comunità palestinese di Roma e del Lazio. « Noi non scenderemo in piazza il 5 – annuncia il presidente Yousef Salman - Dopo il diniego della Questura abbiamo deciso che faremo la manifestazione il 12 ottobre, a Piramide, per chiedere il cessate del fuoco, lo stop al genocidio e ai bombardamenti israeliani al Libano, la Palestina libera». Di diverso avviso l’Unione democratica arabopalestinese, tra gli organizzatori della manifestazione insieme ai Giovani palestinesi italiani, che ha presentato ricorso al Tar. «Crediamo che questo divieto sia squisitamente politico - dicono - e volto a censurare qualunque voce provi a denunciare il coinvolgimento del governo nel genocidio in Palestina: non intendiamo piegarci a questo abuso e ribadiamo la volontà di scendere in piazza; siamo fiduciosi che il ricorso al Tar sventi un pericoloso precedente antidemocratico ». Critiche piovono anche da Amnesty Italia, secondo cui «il diritto di protesta è protetto da diverse disposizioni sui diritti umani e in particolare dall'interazione dei diritti alla libertà di riunione pacifica e di espressione». Principi che «non sembrano essere stati rispettati nel prendere questa decisione». Amnesty aggiunge che « possibili atti o espressioni di odio antisemita, che vanno condannati nella maniera più netta, non possono essere attribuiti anticipatamente e automaticamente alla maggioranza se non addirittura alla totalità della protesta. Lo stesso vale per eventuali messaggi individuali di incitamento alla violenza».
La manifestazione rischia però di andare a complicare ulteriormente uno scenario già molto difficile: ai timori per l’ordine pubblico si affiancano infatti quelli ben più gravi che riguardano il rischio di attentati. «Va tenuto alto il livello della prevenzione per quanto riguarda la gestione della sicurezza pubblica - ha ammonito il questore di Roma -. Se è vero che abbiamo fatto un Giubileo straordinario ai tempi dell’Isis, i tempi che stiamo vivendo adesso non sono tanto più sereni. Il livello di allerta del Paese è di livello due, che è quello prima dell’attacco terroristico, quindi l’attenzione è altissima».