«Noi abbiamo ben chiara la gravità della situazione, e la sosterremo lealmente. Ma ci lasci dire che Giuliano Amato non può essere considerato un tecnico, ha una storia politica chiara e nota a tutti. Noi non abbiamo nulla contro di lui, anzi, però a quel punto certi veti, certe ostilità contro Gianni Letta non avrebbero alcun motivo di essere...». Angelino Alfano, spalleggiato dai capigruppo Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, rinunciando a ogni diktat sui tempi, pone l’ultima, vera condizione a Mario Monti. L’europrofessore prende appunti, guarda seriosamente i suoi interlocutori, e capisce di essere giunto all’ultimo gradino della scala verso Palazzo Chigi. Uno scalino che, secondo gli azzurri, si supera o con il tandem Letta-Amato o con un esecutivo tutto tecnico.«Tertium non datur», conferma Berlusconi ai suoi che rientrano da Palazzo Giustiniani. E ragiona, nell’unica riunione della giornata in cui occupa il baricentro del Pdl: «Con Gianni mi sentirei ampiamente garantito, e anche la Lega si sentirebbe più sicura, avremmo meno insidie. È la soluzione giusta, dobbiamo insistere, non possiamo subire preclusioni di qualsiasi tipo». Il Cavaliere, dicono i suoi, ha «lo spread in tasca». Ovvero: pur «preoccupatissimo» per la situazione finanziaria del Paese, ritiene che nel rendimento giornaliero dei titoli di Stato ci sia la prova della sua "innocenza": «La crisi è globale, il problema non ero e non sono io. Perciò non possiamo subire umiliazioni».Ciò detto, i mercati sono anche un invito a fare presto. Uscendo dal faccia a faccia con Monti, durato circa un’ora e mezzo (l’incontro più lungo in assoluto) Alfano è lapidario e non si concede alle domande dei cronisti: «Pensiamo che il tentativo sia destinato a buon esito. Stiamo lavorando per l’interesse del Paese e per la nascita di un nuovo governo. Abbiamo avuto un confronto positivo e articolato, dal punto di vista del programma il nostro caposaldo è l’agenda Ue». Di Letta non dice nulla. Ne parlerà più tardi, alla presentazione del libro di Vespa che diventa per un’ora il crocevia di tutte le manovre in corso: «Se posso dare un consiglio a Monti, e so che lui condivide questo mio consiglio, io non me ne priverei». È insieme un ultimo avviso ai naviganti ma anche un via libera per agire a briglie sciolte.In quella sede Alfano svela qualcosa anche sui nodi programmatici, rivelando di fatto la strategia per non perdere di vista la Lega: «Sull’Ici non torniamo indietro, non mi sembra un buon metodo rinnegare le norme che abbiamo votato. E di legge elettorale parleremo dopo la decisione della Consulta sul referendum. Ma è materia di competenza del Parlamento, non del governo». Poco prima l’ex ministro della Giustizia aveva incassato, in un serrato colloquio alla Camera, il placet di Fini e Casini sul sottosegretario. Oltre ad un «chiarimento» sulla eventualità che il Terzo polo, insieme al Pd, si aggreghi in future elezioni intorno al nome del professore bocconiano. Mosse utili per rilanciare la palla nel campo del centrosinistra, che invece procedeva tra «ni» a Gianni Letta e distinguo sul nome di Amato.In serata lo scenario cambiava ancora. Con lo spread a 540 i colonnelli Pdl sembravano avere un’unica voce: «Basta che si chiuda in fretta, oltre non si può andare, stiamo rischiano grosso». Al punto da non mettere «alcun veto» per l’eventuale nomina di Livia Pomodoro - presidente del tribunale di Milano, dove si svolgono i processi del premier - a ministro della Giustizia. Si torna dunque all’ipotesi-madre, quella approvata dall’ufficio di presidenza che ha preceduto l’incarico a Monti: «Tutti tecnici, anche i sottosegretari». È la via più semplice, che però non vieta di trattare sino a notte fonda sulle presenze politiche. Sospetto su un incontro tra Gianni Letta e Lamberto Dini, preludio, secondo alcuni, di un complicatissimo rimescolamento delle carte, con Pdl, Pd e Terzo polo che indicano persone di loro assoluta fiducia lasciando Giuliano Amato in quota-tecnici.Al termine di una giornata che ha visto il segretario del Pdl decisamente al centro della scena, arriva infine uno scatto d’orgoglio di Berlusconi. Una nota in cui rivela di aver ricevuto telefonate da Obama, Merkel, Sarkozy, Cameron, Erdogan, Netanyahu, Putin, Bush. E il presidente russo Medvedev gli avrebbe scritto una lettera nella quale lo ringrazia personalmente «nella sua qualità di uno dei politici più esperti ed autorevoli del mondo».