I giornali possono morire, e muoiono, quando non hanno più niente da dire o non c’è più nessuno che li legge. Questa volta, molti giornali possono morire perché sarà difficile raggiungere i propri lettori: le nuove tariffe postali, aumentate inaspettatamente del 121 per cento, gravando sull’economia dei "fogli" più piccoli, romperà il cordone ombelicale con gli abbonati. E così si muore. Il vasto arcipelago dei giornali diocesani, fatto di 186 testate (alcune antichissime che hanno oltrepassato il secolo), vanta un milione circa di lettori, raggiunti all’ottanta per cento con la forma dell’abbonamento. Il decreto n.194 del 30 dicembre 2009, che ha disposto l’aumento, è stato pubblicato il 31 marzo: le nuove tariffe sono andate in vigore il giorno dopo, e non è stato un «pesce d’aprile».Don
Giorgio Zucchelli che a Crema dirige il diocesano
Nuovo Torrazzo (16mila copie), come presidente della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), ha inviato una lettera al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e ai sottosegretari Gianni Letta e Paolo Bonaiuti, in cui considera la decisione un atto gravissimo e antidemocratico perché colpisce il pluralismo dell’informazione. «Mi permetta di dirle – scrive il sacerdote – che costituisce anche una sorta di attacco all’informazione della Chiesa Cattolica, cosa che dal governo mai ci saremmo aspettati». La Fisc chiede la sospensione immediata del decreto e una più corretta regolamentazione delle agevolazioni nel settore editoriale. «Non possiamo credere – chiude la lettera amareggiato – che il governo si assuma la responsabilità della chiusura delle numerose testate cattoliche all’interno del Paese, testate che costituiscono una rete informativa positiva, completa e seria sul territorio».Il decreto, per molti giornali, arriva a chiusura della campagna abbonamenti che, evidentemente, non possono esser rinegoziati: l’impegno con gli abbonati va mantenuto. «Questo provvedimento – dice don Giorgio – interessa tutti i giornali, ma in realtà penalizza soltanto i piccoli, come appunto i "diocesani". Un conto è aumentare le tariffe a grandi giornali che sono quotati in borsa, e un conto è aumentarle a testate che sono non profit. Noi siamo penalizzati molto più pesantemente dei primi e di tanti altri che sono aziende editoriali a scopo di lucro.»
Francesco Zanotti che a Cesena dirige
Il Corriere Cesenate è il vice presidente della Fisc. «I nostri giornali – spiega – sono in molte realtà l’unica voce alternativa magari al quotidiano locale. Metterli in condizione di chiudere è porre a rischio la democrazia. Bisogna ricordare – aggiunge – che sia i contributi diretti governativi sia questi indiretti sono nati per favorire la pluralità delle voci nel campo dell’informazione. Certo ci sono anche sacche di cattivo uso in cui qualcuno approfitta. Allora questi casi vanno smascherati e non si può fare di ogni erba un fascio».Colpita anche l’anima dei "diocesani": il volontariato. Sono giornali che non hanno fini di lucro. A Cosenza è rinata
Parola di Vita. Dice il direttore, don
Enzo Gabrieli: «Il decreto mortifica i giovani giornalisti, tutti volontari. E a tutto si aggiunge la beffa: le Poste non hanno mai saputo garantire la puntualità delle consegna». La pensa così anche
Sergio Nuvoli, direttore de
Il Portico di Cagliari: «In questo modo si penalizza anche l’azione di tanta gente che si offre volontariamente».