Puglia. Il vescovo Luigi Renna: «Ora si parli con la gente dei ghetti»
Il vescovo Luigi Renna in una foto di archivio
«Noi ci impegniamo ad essere dalla parte di coloro che soffrono, facendoci voce dei senza voce e lavorando concretamente per superare tali situazioni, convinti che nessuno può essere felice da solo». La preghiera si alza nella chiesa di San Rocco a Stornara. Qui lunedì 10 gennaio si sono celebrati i funerali di Christian, 4 anni, e Birka, 2 anni, i fratellini rom bulgari morti il 17 dicembre nel rogo della loro baracca nel campo nomadi della cittadina foggiana. Sabato scorso nella stessa chiesa si è celebrata la Giornata della pace diocesana che, sotto il titolo "Dalla tragedia alla speranza", ha voluto unire il messaggio di papa Francesco al dramma dei due bambini e alle condizioni di degrado e sfruttamento dei ghetti del territorio.
Un momento di riflessione, aiutati dai ragazzi del Servizio civile, e di preghiera ecumenica, col vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, monsignor Luigi Renna, il pastore valdese, Rosario Confessore, e il parroco ortodosso, padre Marian Micu. Chiesa piena, in prima fila i rappresentanti delle amministrazioni comunali di Stornara, Stornarella, Ordona, Carapelle. «Questo incontro – spiega il direttore della Caritas diocesana, don Pasquale Cotugno – serve per prendere consapevolezza delle tragedie che continuano a manifestarsi nel nostro territorio, ma da cittadini e credenti non dobbiamo fare solo un’analisi delle tragedie, ma essere capaci anche di proporre delle vie per risolvere queste criticità».
Perché, avverte il vescovo, «stiamo vivendo una Giornata della pace vera e imperfetta allo stesso tempo». E lo spiega con parole molto nette, che partono dalla realtà del territorio. «Vera, perché abbiamo scelto di stare con la comunità laboriosa e credente di Stornara. I luoghi dove si verificano tragedie come questa hanno bisogno di una presenza e di una vicinanza fraterna perché non si dica semplicemente, "questo fattaccio è accaduto a Stornara" ma anche che Stornara ha reagito, ha trovato solidarietà».
Ma, denuncia con forza monsignor Renna, «allo stesso tempo questa giornata è imperfetta, perché stiamo parlando dei ghetti, ma non riusciamo ancora a parlare con la gente dei ghetti, stiamo parlando di lavoro e di pace, ma lo facciamo ancora tra di noi che abbiamo un lavoro e godiamo di uno sviluppo integrale. Non ci sono ancora loro». E prende un impegno. «Vogliamo dare voce al pianto della madre dei due piccoli che sedeva su questo primo banco la settimana scorsa. È una terra dove il frutto del lavoro dell’uomo si confonde con il degrado, il grido dei poveri che si confonde col grido della terra. Siamo qui come artigiani di pace che costruiscono con la loro presenza, la loro parola, l’annuncio e la denuncia, che non vanno mai separate».
Riprendendo l’intervista ad Avvenire del procuratore di Foggia, Ludovico Vaccaro, assicura che «vogliamo togliere l’erba cattiva e seminare frutti buoni». E, seguendo il messaggio del Papa, indica alcune vie: «L’educazione: nei ghetti, nelle periferie non ci sono asili infantili, scuole, luoghi dove si possa trasmettere un sapere che riscatta, per questo sono ghetti; il lavoro, che qui è un lavoro precario, illegale, riguardo agli orari e ai salari, da civiltà preindustriale». E termina con un appello. «Parliamone, accoratamente, ma sapendo che non è ancora il massimo, che questa è un’opera imperfetta e diventerà perfetta se ne continueremo a parlare anche domani e i nostri interlocutori saranno coloro che quei luoghi abitano. Intanto cominciamo».