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Stallo sulle modifiche del decreto Cutro. Vertice migranti, crisi Tunisia al centro

Vincenzo R. Spagnolo mercoledì 5 aprile 2023

Non sono ancora scoccate le otto di sera quando si apprende che l’attesa cabina di regia del governo sulla questione migranti, iniziata poco dopo le sei a Palazzo Chigi, è terminata. Poco più di un’ora e mezza, dunque, per un confronto su uno dei punti più problematici nell’agenda governativa. Alla riunione, presieduta dalla premier Giorgia Meloni, erano presenti i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il titolare della Difesa, Guido Crosetto e i sottosegretari Alfredo Matovano e Giovanbattista Fazzolari. Dopo un po’, tuttavia, il leader leghista ha preso cappello e si è spostato alla Camera, per un incontro coi gruppi parlamentari dopo la vittoria elettorale in Friuli. E la sola dichiarazione serale da lui rilasciata ai cronisti («Piena fiducia nella premier e nei ministri che stanno affrontando il dossier a partire dai titolari di Interno, Affari esteri e Difesa»), al netto dello scontato attestato di stima, suona non agevole da interpretare.

Nel merito, fanno sapere a tarda sera fonti di Palazzo Chigi, il vertice si è concentrato «sull’emergenza migranti in Tunisia», nella convinzione che sia «prioritaria» l’azione per aiutare una nazione amica in un momento di difficoltà: a tal proposito, viene ritenuto dalla premier e dal governo cruciale lo sblocco della tranche del prestito del Fondo monetario internazionale (un finanziamento per 300 milioni di dollari) che potrebbe servire al presidente Saied per allontanare lo spettro del default. Pur nella difficoltà del quadro, la valutazione emersa dal vertice è che, anche grazie al pressing diplomatico e politico italiano, sul dossier Tunisia si registrino «progressi» sia da parte degli Stati Uniti che dell’Unione Europea.

E nei prossimi giorni è atteso a Roma il ministro degli Esteri tunisino, Nabil Ammar, per un incontro col ministro degli Esteri Antonio Tajani. Non trapela nulla, invece, sulla bozza del Piano per potenziare il circuito di accoglienza e per sveltire le procedure di rimpatrio dei non richiedenti asilo, al quale lavora da giorni il Viminale, incalzato dal ritmo incessante degli arrivi giornalieri di migranti, che hanno superato quota 28mila da inizio anno.

Non è escluso che Meloni e i ministri presenti ne abbiano discusso, ma il fatto che non trapeli granché farebbe supporre che non sia stato trovato ancora un punto di incontro sulle nuove misure ipotizzate (più strutture di accoglienza diffusa; rimpatri più rapidi; un Cpr per Regione e altro ancora). Eppure, la situazione richiederebbe decisioni adeguate e tempestive. Le chiedono i Comuni, attraverso Matteo Biffoni, delegato dell’Anci per l’Immigrazione: «Nel primo trimestre del 2023 abbiamo già fronteggiato l’arrivo di 27mila migranti, con la prospettiva di chiudere l’anno ben oltre i 100mila - avverte -. Così il sistema collassa, i posti non si trovano per allocare i migranti, le Prefetture sono in difficoltà, le norme per il riconoscimento giuridico farraginose senza parlare dei 2.500 minori non accompagnati arrivati solo da gennaio».

In giornata, ha fatto registrare uno stallo con rinvio anche l’esame del decreto Cutro in commissione Affari costituzionali al Senato. La seduta era stata aggiornata a ieri nell’attesa dei pareri del governo sui 126 emendamenti al testo, compresi i 21 della Lega che propongono una ulteriore stretta sulla protezione speciale e altre misure più rigide in tema di accoglienza. Ma, a sorpresa, proprio il sottosegretario leghista all’Interno Nicola Molteni ha chiesto ulteriore tempo, facendo rinviare sia la riunione di ieri che quella prevista per stamani.

L’impressione, anche qui con poche conferme perché sul tema molte bocche restano cucite, è che non ci sia ancora una vera intesa sulle modifiche, con il Carroccio proiettato verso una stretta e Fdi meno convinta. E a qualche parlamentare non andrebbe giù quello che viene ritenuto un continuo tentativo di “commissariamen-to”, da parte di Palazzo Chigi, dell’azione politica del ministro Piantedosi. Tensioni che restano sottotraccia, per l’opera di ricomposizione quotidiana della premier. Mentre la terza forza di governo, Fi, a sua volta cerca di non creare attriti sulla questione, inistendo sulla necessità di un cambio di passo dell’Ue. «I muri non sono la soluzione, il problema è la strategia europea - argomenta il titolare della Farnesina Tajani, ospite della Stampa estera -. Dublino è una ricetta obsoleta che riguarda solo una parte dei migranti. C'è anche un problema di immigrazione secondaria, ma se aumenta quella primaria non si risolve la secondaria». Roma chiede ai Ventisette con urgenza »un maggior impegno», perché « le coste italiane sono frontiere europee».