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I PARTITI ALLA PROVA. Riforme costituzionali e legge elettorale «Abc» trovano l'accordo

Marco Iasevoli mercoledì 28 marzo 2012
Il segnale è politico. Monti da Seul alza la voce, a Roma la maggioranza Alfano-Bersani-Casini risponde. Vedendosi alla Camera, nella sala del corridoio detto "Corea", giusto per restare in tema con il viaggio del premier in Asia. Ma soprattutto mettendo in cantiere la nuova legge elettorale e la riforma costituzionale del Parlamento e del governo. «Entro quindici giorni saranno pronti i testi, che procederanno in parallelo al Senato», dicono all’uscita i tre leader.Un’accelerazione forte sebbene obbligata (i tempi per cambiare la Carta sono ristrettissimi), che vincola Pdl, Pd e Terzo polo ad accompagnare l’esecutivo sino al 2013. Il passo è così significativo che quasi in tempo reale il presidente della Repubblica plaude ai partiti. «Esprimo vivo apprezzamento – dice la nota – per l’impegno manifestato da Pdl, Pd e Terzo polo ad avviare senza indugio» l’iter delle riforme. E facendo mostra di tempismo - o preveggenza - il Colle avvisa di aver già incontrato il presidente del Senato Renato Schifani, il quale gli ha promesso di organizzare al meglio i lavori di Palazzo Madama e «vigilare» perché tutto si concluda «entro la legislatura».Alfano, Bersani e Casini si vedono alle 15.45 nella sala assegnata a Berlusconi dopo le sue dimissioni. Al loro fianco i "tecnici" Violante (Pd), Quagliariello (Pdl, presentatosi in tandem con La Russa) Adornato (Udc), Bocchino (Fli) e Pisicchio (Api). Due ore di riunione intensa, alla fine della quale il Terzo polo strappa un comunicato congiunto e la facoltà di presentare i punti salienti in conferenza stampa a nome di tutti. Il pacchetto, partendo dalla legge elettorale, è corposo: le coalizioni non saranno obbligatorie, l’indicazione del candidato premier resta (è possibile che, senza alleanze, ciascun partito presenti un suo nome), i cittadini sceglieranno metà dei deputati e dei senatori in collegi uninominali (la restante parte resterà nelle mani delle liste di partito - non ci saranno invece le preferenze -). E ancora: si prevede una soglia di sbarramento al 4-5 per cento e un diritto di tribuna per le formazioni minori. La parziale novità è un "premio di governabilità" (circa 40 seggi) dato al primo partito, «forse anche al secondo», specifica Italo Bocchino. E al fine di dare maggiore potere negoziale a chi "vince" le elezioni, fa intendere Alfano, il primo partito avrà anche una golden share per indicare il premier effettivo. «È un tedesco bipolarizzato», dice La Russa. Restano alcuni nodi tecnici e altri politici, forse più seri. L’ala prodiana e bipolarista del Pd insorge contro Bersani e le sue «false promesse». Mentre gli ex An chiedono ad Alfano di convocare gli organismi di partito o comunque promettono «esami nel merito» al Senato. Inoltre, sui Democratici si addensa il pressing di Idv e Sel, nettamente contrari, sugli azzurri lo scetticismo della Lega («Prima vedere cammello e poi dare tappeto...», ironizza Calderoli; «La coalizione dopo il voto è una vera porcata», stronca Maroni).Quanto alla Carta, si prevede un emendamento sostitutivo al testo già incardinato a Palazzo Madama, accelerando così i tempi. «Al netto di un’eventuale norma transitoria», spiega Casini, ci sarà una riduzione del numero di parlamentari (508 alla Camera, 254 al Senato, almeno 5 per Regione). Sarà rivisto al ribasso l’elettorato attivo e passivo (si voterebbe a 18 anni, ma si potrà diventare deputati a 21 e senatori a 35), al premier viene dato il potere di nominare e revocare ministri, ai ddl dell’esecutivo sono assegnate "corsie preferenziali", è istituita la sfiducia costruttiva (per mandare a casa un premier bisognerà avere una maggioranza assoluta intorno a un altro nome, pena lo scioglimento delle Camere). Infine, sarebbe disarticolato l’attuale bicameralismo, prevedendo che la Camera si occupi delle materie di competenza statale e il Senato della «legislazione concorrente» con le Regioni (la doppia lettura resterebbe solo per provvedimenti "straordinari", mentre la norma sarà l’approvazione di una sola Aula e l’altra potrà chiederne il riesame in tempi contingentati.Alfano e Bersani, al termine dell’incontro, usano le stesse parole: «Un incontro positivo, i tempi ci sono...». Casini è più entusiasta: «La politica doveva battere un colpo, e lo ha fatto». Tutti e tre sono netti nel respingere le insidie: «No, non si è parlato né di lavoro, né di Rai né di giustizia». Eppure, Bersani avrebbe avuto un momento di sfogo, ritenendo «ingiusta» la reazione di Monti di fronte alla «correzione minima» chiesta dal Pd sull’articolo 18: «Non vogliamo stravolgere il testo, nessuno ci accusi di volere il voto anticipato». Le parole del segretario Pd avrebbero dato a Casini l’opportunità di rivolgersi ad Alfano: «Dobbiamo aiutare Pier Luigi, situazioni difficili potranno toccare a tutti, buone mediazioni sono nell’interesse generale». Come a dire: oggi si va incontro al Pd, domani si farà lo stesso con il Pdl su Rai e giustizia. Non a caso, Casini chiude la conferenza scherzando con i cronisti: «Sminiamo tutto, non vi preoccupate».