Scuola crollata a San Giuliano. 20 anni fa la strage. Le madri: nulla è stato imparato
I tempi da declinare al passato remoto, non i ricordi. Né le macerie del pianto o quei quaderni e zainetti e grembiulini rosso sangue, il cuore spaccato di genitori e poi i risarcimenti, le medaglie al Valor civile alla memoria, i processi e cinque condanne «inutili», come dicono padri e madri. Rimangono, vent’anni dopo - per sempre - ventisette bimbi e una maestra uccisi da una scuola «costruita come neppure un canile andrebbe costruito», come disse il pm al processo di primo grado, Nicola Magrone.
Fu il 31 ottobre 2002, era un giovedì quando, per caso, sotto questa scuola si vinse e visse oppure si perse e morì: alle 11 e 32, durante il terremoto che colpì quarantaquattro Comuni e la “Francesco Jovine” a San Giuliano di Puglia (che è in provincia di Campobasso) fu l’unico edificio a sbriciolarsi e fare una strage di piccoli.
I pavimenti sprofondarono, i soffitti vennero giù a pezzi, i vetri esplosero. Da quel momento si passò un giorno, una notte, quasi un altro giorno trascorsi a scavare con le mani fra speranze, disperazioni, gioie, piccoli tirati fuori vivi e morti. E ancora i funerali, le bare bianche come i fiori a migliaia, il «non accada mai più a nessun bambino» d’una mamma e il «non abbiamo saputo difendere i nostri figli» del presidente della Repubblica. Ciro Riggio, che sotto quella scuola perse i gemelli Luca e Gianmaria, non l’ha dimenticato: «Quando ci fu la sfilata delle bare fino al cimitero, non sapevo quali fossero quelle dei miei figli».
Il 31 ottobre 2002 la strage nel piccolo paese molisano, che non ha più nati nel 1996, per il crollo della scuola che uccise 27 bimbi e una maestra cancellando anche la prima elementare I genitori: «A noi sembra ieri» - Ansa
Chissà cosa direbbe Maria Di Stefano, la mamma di Luca e Gianmaria, se potesse incontrarli solo un minuto. «Penserei di sognare, vorrei andare con loro, darei tutta la vita... Magari fosse». Anche Giovanna fu tra i bimbi uccisi dalla “Jovine”: «Mamma mia, sono passati vent’anni, ma sembra ancora ieri - dice la madre Elena Di Fiore -. Per noi è così».
Lilia Di Renzo rimase ore prima che la tirassero fuori dalle macerie: «Ci penso e ripenso. Sempre. A quella età, non solo ci hanno tolto un pezzo di vita, ma tutto». Antonio Patavino lì sotto rimase «quattro o cinque ore. Si vedeva poco, veramente poco. Ero sotto la cattedra insieme alla maestra. Il ricordo resta, resterà sempre».
1 La scossa delle 11. 32
Il 31 ottobre 2002 durante un terremoto di magnitudo 5,7 alle 11,32 crollò
la scuola “Francesco Jovine” a San Giuliano di Puglia (Campobasso)
2 I piccoli sotto le macerie
Sotto le macerie morirono 27 bimbi (l’ultimo spirò un mese dopo al “Bambin Gesù” di Roma) e una maestra.
Molti sopravvissuti riportarono gravi ferite
3 L’avvio delle indagini
Cinquantacinque giorni prima era stato inaugurato il piano appena aggiunto all’edificio: le indagini accertarono che era stato realizzato senza rispettare alcuna norma di sicurezza
4 Il processo e le condanne
Il 28 gennaio 2009 la Corte di Cassazione confermò definitivamente le cinque condanne decise in appello per il sindaco,
Di nuovo Lilia: «La maestra ogni ora, penso ogni ora, faceva l’appello, eravamo quindici a rispondere, poi quattordici, tredici, dodici... Arrivati a dieci, anche se hai nove anni, capisci che qualcosa non andava». Non riesce a perdonare: «Mi documentai, anche sui processi che poi ci furono. Non può esserci perdono - ripete - ed è meglio non dica altro».
Il pm al processo di secondo grado fu Claudio Di Ruzza: «Abbiamo dimostrato come ci sia stata una serie di condotte colpose», disse nella sua requisitoria. Oggi aggiunge quanto sia «difficile accettare che bambini possano morire in una scuola pubblica». E chiude amaramente: «Sperammo che venissero messe in sicurezza le scuole italiane», invece «da quella tragedia non abbiamo imparato nulla e questo non è di un Paese civile». Le condanne definitive in Cassazione arrivarono il 28 gennaio 2009 per Mario Marinaro, capo ufficio tecnico comunale (poi tornato al suo posto in Comune), il progettista Giuseppe La Serra, gli imprenditori Carmine Abiuso e Giovanni Martino, il sindaco Antonio Borrelli.
Una settimana dopo la strage, il nastro bianco e rosso che segna l’area delle macerie della scuola sventola insieme al foglio dell’ordinanza di sequestro. Il silenzio e un filo di vento opprimono. Su una piccola sedia qualcuno ha lasciato un mazzo di garofani e un quadretto: «Noi che vi amiamo – ha scritto -, voi non ci vedete, non ci sentite, ci credete così lontani, eppure siamo così vicini».