Attualità

DIRITTO ALLA PRIVACY. Vendite, basta telefono selvaggio

Domenico Montaklto mercoledì 2 febbraio 2011
La società dei consumi di massa ha fatto cadere anche l’ultimo esile diaframma che proteggeva il consumatore dal­l’assedio dei venditori e dei pub­blicitari, ovvero le mura di casa. L’imputato si chiama telefono. Le casalinghe, i pensionati, i liberi professionisti, coloro che svolgo­no un lavoro domestico conosco­no bene il supplizio del «tele­marketing », che spesso non cessa neppure durante il weeend, quando vorremmo goderci un po’ di sacrosanta tranquillità: u­no stillicio di «drin» con cui call center e aziende le più varie si fanno vivi per proporre cassette di vini, prodotti finanziari, abbo­namenti a club o a riviste, attrez­zi ginnici, comunicazioni com­merciali e chi più ne ha più ne metta. Insomma, grazie a telefo­no e telefonino, le televendite hanno invaso – e violato – anche il nostro spazio privato. La situa­zione è giunta a un tale livello di guardia da spingere il Garante per la privacy, ovvero la massima autorità in materia di protezione dei dati sensibili, a costituire una sorta di baluardo a difesa degli u­tenti telefonici, ovvero il Registro pubblico delle opposizioni. È questa la novità che dovrebbe consentire – a chi non vuol esse­re più disturbato – di smarcarsi dal fastidioso pressing dei piazzi­sti con la cornetta. Il provvedi­mento – pubblicato ieri nella Gazzetta ufficiale – istituisce quindi una «zona franca», ap­punto il Registro, gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni, dove gli abbonati che non desiderano ricevere telefonate pubblicitarie possono e devono iscriversi. Ma come assicurarsi che i nomi depositati nel fortino del Registro vengano effettivamente lasciati in pace? Per questo il Garante ha fissato, con intento deterrente, anche delle regole severe, limiti entro i quali le aziende dovranno stare. Innanzitutto c’è l’effetto tabù: le società che operano nel settore del telemarketing non po­tranno più contattare i numeri degli abbonati che si sono iscritti nel Registro. Nel caso in cui un u­tente abbia chiesto a un determi­nato operatore di non essere più chiamato, quell’azienda dovrà ri­spettare la sua volontà anche se l’abbonato non si è iscritto al Re­gistro. La singola azienda che ab­bia invece ricevuto in passato il consenso dell’abbonato a riceve­re telefonate promozionali, potrà contattarlo, anche se questi è i­scritto nel Registro. Tale consen­so, che dovrà essere documenta­bile per iscritto al Garante, potrà comunque essere ritirato in qua­lunque momento. Viene meno anche la possibilità di utilizzare le numerazioni telefoniche con­tenute nelle banche dati, senza aver prima acquisito un consen­so ad hoc. E per quanto riguarda le numerazioni presenti in pub­blici registri, elenchi, atti o docu­menti aperti al pubblico (per e­sempio gli albi professionali) es­se potranno essere utilizzate solo se le telefonate promozionali ri­sultino direttamente funzionali all’attività svolta dall’interessato. Il mancato rispetto delle prescri­zioni dell’Autorità comporta l’ap­plicazione di una salata sanzione che potrà raggiungere, nei casi più gravi, i 300mila euro. Basterà?