Fischi e contestazioni amareggiano la festa tricolore del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. In quattro stazioni del giro istituzionale per le cerimonie del 150° il capo del governo trova ad accoglierlo gruppi che scandiscono cori a base di «dimettiti» e «vattene».Accade al Gianicolo, sotto la statua di Garibaldi. Poi mentre esce dal Museo della Repubblica romana nella vicina Porta san Pancrazio. Stesso copione più tardi all’arrivo in piazza della Repubblica. Con appendice in coda. Tanto che, al termine della Messa, lo staff sceglie di ricorrere a un’uscita secondaria della basilica di Santa Maria degli Angeli. Vista la mala parata, più tardi, per recarsi da Palazzo Chigi alla Camera, il presidente avrebbe ancora evitato la piazza (il che per lui è significativo) percorrendo il tunnel che collega i due palazzi. Dopo la cerimonia in aula Berlusconi esprime ad alcuni deputati tutto il suo rammarico «per fischi strumentali avvenuti in un giorno di festa, che dovrebbe unire tutti gli italiani». Infine ultimo atto - è il caso di dire - in serata. Bagarre davanti al Teatro dell’Opera, dove Berlusconi si reca per assistere al Nabucco diretto da Riccardo Muti. E garantisce «sono contento, è stata una giornata magnifica».Certo, c’è anche chi applaude il premier e lo incoraggia a resistere, soprattutto a inizio giornata davanti all’Altare della Patria. Dove lui si presenta baldanzoso, sfoderando il suo repertorio: «Resto per difendermi. Non lascio il Paese in mano ai comunisti». Una signora gli urla: «Sei il nostro leader». Anche la cerimonia al Pantheon fila liscia. Ma, in un giorno difficile - nel quale il galateo istituzionale porta Berlusconi a stretto contatto anche con l’arcirivale Gianfranco Fini - a colpire sono soprattutto fischi e slogan contrari, alcuni riferiti al caso Ruby. Soprattutto se li si soppesa con l’applausometro e li si compara, come molti osservatori non mancano di fare, con il bagno di folla vissuto ovunque dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Understatement da Romano Prodi, applaudito. I fischi al rivale? «Non ci ho badato».Stessa sorte del premier (dopo che mercoledì è toccata al sindaco di Roma Gianni Alemanno) per i ministri Ignazio La Russa, Stefania Prestigiacomo e Mariastella Gelmini. Episodi che offrono agli oppositori il destro per ribadire il giudizio negativo sul governo. «Non si tratta di fischi da caso Ruby, è qualcosa di più profondo», l’analisi del segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che imputa tutto al tradimento dei principi nazionali e costituzionali della Lega. Per Francesco Rutelli (Api) le cause sono «l’economia che va male e le promesse che si sono rivelate fanfaluche».Nell’altro campo Umberto Bossi non accenna nemmeno una difesa del responsabile dell’esecutivo in cui è ministro: «Peggio per lui». Un’indiretta strigliata al Carroccio arriva dal ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto, per il quale bisogna «stigmatizzare» sia l’atteggiamento di chi contesta i ministri, sia quello di chi «non partecipa» o se la prende con l’inno. Dopo il bastone, la carota. Il dato rilevante è, comunque, la partecipazione «delle massime istituzioni con anche i ministri leghisti». Difesa a spada tratta del premier, infine, dal sottosegretario Carlo Giovanardi, che apostrofa i contestatori come «soliti faziosi imbecilli» che trovano «nei leader come Bersani infelici difensori d’ufficio». Duro anche il sottosegretario alla Cultura Francesco Giro che parla di «una decina di professionisti della caciara che hanno voluto macchiare una ricorrenza che deve unire».