“Chi può ignorare quanto sia crudele
strappare un neonato dalla sua mamma, chi può approvare che si possa
comprare un bambino e privarlo della sua madre, non possiamo essere indifferenti; perché saremmo corresponsabili”. L’appello di
Toni Brandi, presidente di
Pro Vita Onlus, diventa un grido che risuona nella prestigiosa sala Nasiriyah del
Senato. Un appello che trova adesioni trasversali, nella comune convinzione che, al di là dei diversi angoli visuali culturali e politici, la
maternità surrogata – altrimenti detta
“utero in affitto” – sia una pratica «aberrante» sia che la sia guardi dal versante della dignità della donna, sia che la si esamini dal lato dei
diritti del bambino.
LA PETIZIONE DI PRO VITA: ECCO COME FIRMAREIn una affollata conferenza stampa
Maria Rizzotti, senatrice di Forza Italia,
Laura Bianconi, collega di Ap (Ncd-Udc), e
Donella Mattesini, del Pd, hanno dato la loro disponibilità, a nome dei partiti di appartenenza, a dar vita un’iniziativa politica comune che individui nuove strade per rendere operativo un divieto già sancito dalla
legge 40, ma di fatto bellamente aggirato, con la formula del “fatto compiuto”. Col rischio che la riforma delle adozioni diventi il terreno per una sorta di partita ai tempi supplementari della legge sulle
unioni civili, per riaprire la strada (di fatto mai preclusa, restando disponibile la via della giurisprudenza “creativa”) alle
adozioni per le coppie gay.
«Ma non consentiremo di far rientrare dalla finestra quel che è uscito dalla porta» avverte Rizzotti, vicepresidente della commissione Sanità e responsabile di settore di Forza Italia. Mentre Bianconi, che è capogruppo di Ap, ha ribadito a nome del suo partito la necessità di rendere questa pratica perseguibile anche se realizzata all’estero, in paesi in cui è consentito. E ha anche indicato l’urgenza di politiche a favore della fertilità: «È un peccato – ha detto Bianconi - che i toni ritenuti sbagliati di una campagna siano serviti, per ipocrisia, a non affrontare per niente il problema». Un tema, quello della prevenzione, su cui si è soffermata anche la senatrice Mottesini, del Pd, per unire il “no” a questa inaccettabile pratica a dei “sì” da pronunciare con altrettanta decisione, a cominciare dall’adozione.
Mottesini, dal canto suo, però, ha chiesto di non chiudere del tutto, prima si averci ragionato sopra, alla possibilità che esista una
maternità surrogata per mera attività caritativa, a titolo gratuito. Ma a parte che, anche in tal caso, resterebbero tutte in piedi tutte le problematiche relative ai diritti del nascituro e gli interrogativi relativi ai 9 mesi di gestazione e al trauma – quindi – del distacco, è toccato alla giornalista
Monica Ricci Sargentini sostenere, sulla scorta delle coraggiose inchieste realizzate per il “Corriere della Sera”, che “non esiste in realtà una maternità surrogata di tipo altruistico e anche dove essa è consentita – ha sottolineato – come in Inghilterra, il divieto di onerosità è tranquillamente aggirato”.
Ha preso la parola infine il direttore di Avvenire,
Marco Tarquinio, per ricordare la solitudine nella quale il nostro giornale ha avviato questa campagna, anni fa, felicitandosi per la presa di coscienza trasversale che sta finalmente venendo fuori, a partire dal movimento femminista europeo: «Come si può ritenere che il corpo di una donna per 9 mesi rappresenti solo l’involucro, da cui una nuova vita può essere tranquillamente separato, senza che questo causi traumi per il bambino e un’offesa per la dignità della donna?», si è chiesto Tarquinio. «Ora – ha auspicato – la
legge sull’adozione diventi la strada per rispondere al desiderio di un numero di coppie disponibili 10 volte superiore a quello di bambini che chiedono di poter avere un padre e una madre. E non si trasformi, invece, in un mezzo per perseguire altri scopi».