Festival della dottrina sociale. L’urgenza della prossimità per dare significato al tempo
«Oltre i luoghi, dentro il tempo» è il tema del 4° Festival della Dottrina sociale della Chiesa (Verona, 20-23 novembre) che arriva provvidenziale nei giorni in cui il Presidente Napolitano chiede alla politica di non essere inconcludente sulle riforme. Diciotto mesi fa i parlamentari italiani hanno chiesto un atto di nobile coraggio a Giorgio Napolitano: restare in cambio di un impegno solenne a fare rapidamente le riforme (che attendono da vent’anni di essere portate a compimento). Sono passati i Governi di Monti e di Letta, e oggi c’è chi addirittura accusa Renzi di «mettere fretta al Parlamento».
Evidentemente nella politica, così come nella società attuale, il tempo è un parametro che ha progressivamente ceduto allo spazio: la maggior parte dei personaggi pubblici oggi è intenta a occupare spazi mediatici, ma fa poco riferimento al tempo che, nonostante le tante urgenze del Paese, sembra scorrere a vuoto e nell’inerzia.
Ci ha pensato Papa Francesco a ricordarci la superiorità del tempo sullo spazio nell’Evangelii gaudium, una superiorità che vale anche nell’impegno politico e sociale. Il primato del tempo sullo spazio, come pure il primato dell’unità sul conflitto, e della poliedricità sulla uniformità, sono temi cari al pensiero di Bergoglio. Ne ha lungamente parlato in quel bellissimo testo "Noi come cittadini, noi come popolo" (ed. LAV) che è stato scritto in occasione dei 200 anni della nascita dell’Argentina. Sono temi su cui sono tornati anche i Vescovi latino-americani nel famoso documento di Aparecida. Sono temi che rivelano una straordinaria capacità della Dottrina sociale della Chiesa di rinnovare formule e linguaggi per adattare le verità perenni del Vangelo alle mutevoli condizioni della società.
Il Festival DSC non poteva che accogliere questo pensiero e svilupparlo in quattro giorni di dialogo, incontri e confronti su economia, lavoro, scuola, amministrazione pubblica e tanti altri temi. Saranno temi affrontati con personalità che, da tutta Italia, si recheranno a Verona per parlare della società e della Chiesa di oggi assieme ai Gruppi della DSC che animano l’insegnamento e la diffusione del pensiero sociale cristiano nei territori. La fede si impara in famiglia, si celebra in chiesa, si vive in piazza. Il Festival vuole proprio ridare centralità alla piazza, l’agorà (non ancora del tutto estromessa dalle nuove piazze mediatiche) dove si incontra il popolo, le persone, i cittadini, i condomini, gli amici.
Nelle scorse tre edizioni il Festival DSC ha sperimentato un modo nuovo per presentare la Dottrina sociale della Chiesa: la piazza, la città. In questi anni è stata appunto una festa (nel senso più nobile di un convenire festoso per ragionare insieme) che ha permesso alla DSC di tornare fenomeno di popolo animato da credenti e uomini di buona volontà. C’è un autore particolarmente caro a Papa Bergoglio, lo psicanalista gesuita Michel De Certeau che ha sintetizzato questa esigenza con una espressione icastica, che è diventata anche il titolo di un fortunato best-seller: "Mai senza l’altro." (ed. Quiqajon).
Il Festival ha proprio questa elementare verità: la fede porta all’incontro con l’altro. E più che cercare chi è "il mio prossimo" il tema vero è quanto io riesca a "farmi prossimo" superando egoismi, individualismi, razzismi.
La Chiesa ospedale da campo che Papa Francesco ci disegna è tutta proiettata nel tempo e nel mondo, non si cela dietro confini più o meno auto-imposti, non perde tempo e non è disposta a perdersi la bellezza della relazione in nome di una vita tranquilla.
Al Festival DSC ci saranno persone che concretamente si rimboccano le maniche e si danno da fare ogni giorno per il prossimo, sono persone che accettano di vivere il tempo e non sono immuni dall’incontro con l’ingiustizia, con le delusioni, con le pigrizie, le avidità, le fragilità dell’uomo. Spesso nel silenzio e nell’indifferenza. Ma è proprio qui che il pensiero sociale cristiano sorregge e illumina, è qui che la carezza di Dio risulta più evidente ed esorta a non fermarsi.
Quanti invece non troveranno il tempo di venire al Festival? Sono quelli che non trovano mai tempo per ascoltare i figli, per dialogare con lo sposo, per fare volontariato, per crescere nel discernimento e nello spirito di preghiera. La nostra è una società paradossale che vive di corsa, che non ha tempo e che sperpera il tempo. In questa realtà il Festival della DSC ripropone la generatività della vita cristiana. Non la prosaica fede nelle opere, ma lo stupore per le opere generate dalla fede. Si potrebbe dire che la nostra società ha smarrito la sua capacità di essere generativa, non solo perché si ha paura di far figli, ma perché si ha paura di generare speranza, percorsi di crescita per i giovani, cultura, affetti, relazioni, "cattedrali". Sì, perché le cattedrali, che possono nascere oggi da un FabLab, sono il simbolo della fede che incarnandosi nel mondo genera situazioni nuove e inventa nella fantasia della carità risposte adeguate alle domande della società.
Una caratteristica del Festival è l’attenzione all’economia, vista come una dimensione decisiva per la crescita della collettività. Operatori del volontariato, delle cooperative, delle banche, dei sindacati e delle imprese, nella diversità di ruoli e responsabilità professionali, troveranno al Festival occasioni per un confronto non solo sulle idee ma sui fatti nuovi della società in cui viviamo. Sarà una festa vera, senza l’ansia di occupare spazi di potere, ma con la consapevolezza che il tempo è una risorsa scarsa che ci è stata data perché sappiamo riempirla di significati e di fatti.
*direttore "La Società"