Dopo il compromesso raggiunto mercoledì in Commissione Giustizia, al Senato, sulle unioni civili le distanze restano notevoli. La nuova formulazione della "specifica formazione sociale" inserita all’articolo 1 apre una nuova prospettiva incanalando il testo nel binario dell’articolo 2 della Costituzione (formazioni sociali) abbandonando lo schema dell’articolo 29 (famiglia), ma ora si rende necessario rivedere anche gli altri articoli, pieni di riferimenti al diritto di famiglia.
Una «buona mediazione» per il deputato del Pd Ernesto Preziosi: «In questo modo ci si è messi sulla scia della Corte costituzionale che ha chiesto di riconoscere giuridicamente le unioni civili ed evitare l’omologazione con il matrimonio». Anche Preziosi ritiene che una riscrittura «sarebbe stata più opportuna». Ma dentro Ap questa viene considerata come il "minimo sindacale" per passare dal voto di astensione sull’articolo 1 a un voto favorevole. Solo un «piccolo passo avanti» per Gian Luigi Gigli, deputato di Per l’Italia-Centro democratico. «Ora - avverte - il problema è vedere nel concreto quali diritti riconoscere».
Il Comitato "Difendiamo i Nostri Figli", organizzatore del raduno di Piazza San Giovanni del 20 giugno, chiede attraverso il portavoce Massimo Gandolfini di «uscire dall’ambiguità» e annuncia una raccolta firme. Obiettivo: «Evitare una sorta di riconoscimento del "matrimonio gay"» che si vorrebbe realizzare attraverso «un’operazione "copia/incolla"» dal diritto di famiglia, ancora presente nel testo in discussione. Ma si muovono anche le associazioni Lgbt, che scrivono al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere «piena parità di diritti» e il «matrimonio egualitario».
Spinte e controspinte che si fanno sentire in vista della ripresa della discussione in Commissione, martedì alle 11. Nella maggioranza una posizione condivisa è ancora lontana. «Adozione e reversibilità restano intoccabili», avverte la relatrice Monica Cirinnà. «Così non lascia spazio alla mediazione», denuncia il deputato di Ap Aldo Di Biagio. «Ma - aggiunge - problemi così delicati non possono essere risolti con i proclami ideologici». Nel testo figura la "stepchild adoption" (l’adozione del figlio del partner), e il punto di arrivo potrebbe diventare l’utero in affitto. Maurizio Sacconi, per Ap, continua chiedere un no deciso a questa pratica, e che anzi andrebbe sanzionata come «reato universale a carico degli organizzatori e degli utilizzatori».