Tanto tuonò che piovve. All’alba - anzi alla sera, a dire il vero - del 23 luglio dal Mef arriva la relazione contenente le proiezioni sui costi che comporterebbe l’approvazione delle unioni civili in una versione del testo che includa le pensioni di reversibilità.
Gli oneri complessivi recati dal ddl Cirinnà vanno dai 3,7 milioni nel 2016 ai 22,7 milioni nel 2025 tra «minor gettito Irpef per le detrazioni fiscali, maggiori prestazioni per assegni al nucleo familiare, maggiori prestazioni pensionistiche di reversibilità», fanno sapere i tecnici del ministero dell’Economia.
Nel 2025 potrebbero essere «30mila» le coppie unite civilmente ad usufruire di pensione indiretta e di reversibilità al compagno superstite. La stima, carente di riferimenti oggettivi e non certo per colpa dei tecnici che l’hanno effettuata, parte da una cifra iniziale di «5mila», ipotizzando «uno sviluppo analogo a quello registrato in Germania, tenendo presenti le differenze socio-culturali e demografiche dei due Paesi», si legge nel testo, a dimostrazione di quale carico di responsabilità sia stato affidato a un organismo che si occupa di conti e simulazioni sui conti e non certo di rilevamenti socio-statistico-culturali che andavano fatti a monte. Un coinvolgimento, quello del ministero dell’Economia, avvenuto peraltro con colpevole ritardo, visto che la discussione va avanti in commissione Giustizia al Senato da mesi, ma fino a due-tre settimane fa il teorema portato avanti dalla relatrice Monica Cirinnà è stato quello della non onerosità del provvedimento, probabilmente sull’idea di una possibile approvazione da parte di un fronte ideologicamente a favore che includesse anche M5S e che aveva già adottato il testo base.Poi, anche sulla spinta della battaglia portata avanti in commissione dal gruppo di Area popolare - e, insieme, del crescente malumore dell’associazionismo familiare - finalmente la discussione è entrata nel merito, anche sul piano dei costi. Costi che - al di là dell’assoluta incertezza sui fruitori potenziali - appaiano ancora di difficile lettura visto che una pensione di reversibilità media costa oggi all’Inps intorno ai 7-8mila euro l’anno, e i 6 milioni di spesa stimati nel 2025 (sui 22,7 milioni complessivi) coprirebbero si e no un migliaio di fruitori. Evidentemente il dato è parametrato sull’ipotesi di un’età media giovane dei fruitori, ma sul lungo periodo potrebbe rivelarsi sottostimato.Dopo che per tutta la giornata la polemica era impazzata su un insolito tweet di anticipazione dei dati da parte del ministero dell’Economia - a conferma delle pressioni e della confusione che regnano in queste ore sul tema - a sera, una volta che la commissione Giustizia era stata nuovamente sconvocata e il Pd accusato di doppiezza da Sel e M5S, ecco i dati del Mef trasmessi finalmente al Senato. Maurizio Sacconi di Ncd, ex ministro del Lavoro stima però che «tra pensioni ai superstiti, assegni familiari e detrazioni», sia prevedibile «per difetto», se il ddl entrasse in vigore, un aumento di «almeno il 3 per cento», pari a «1,5 miliardi». Ora, delle due l’una: o ha ragione Sacconi e i costi potrebbero rivelarsi insostenibili, o ha ragione il Mef, ma in tal caso i beneficiari potrebbero rivelarsi in numero piuttosto trascurabile per potersi parlare di priorità.