Improvvisa accelerazione sulle unioni civili che potrebbero arrivare in aula al Senato la prossima settimana. Non il disegno di legge Cirinnà, in fase di discussione nella Commissione Giustizia sul quale la discussione è ancora molto indietro e che si deciderebbe di far finire su un binario morto, ma una nuova proposta oggetto di una febbrile trattativa nel Pd.
La nuova prospettiva è stata esaminata oggi pomeriggio nel corso di una lunga riunione dei senatori del Pd, presente il capogruppo Luigi Zanda, i vice Giorgio Tonini e Stefano Lepri e i componenti la Commissione Giustizia. La decisione di incardinare il testo per l'aula potrebbe essere assunta già nella giornata di domani nel corso della riunione dei capigruppo, nella quale, di fronte alla preannunciata intenzione da parte del gruppo M5S di forzare con la richiesta di iscrizione all’ordine del giorno il Pd è orientato ad aderire alla proposta. Sulla spaccatura che ne deriverebbe fra i gruppi sarebbe poi chiamata a pronunciarsi la presidenza del Senato.
L’aspetto più delicato è infatti l’ammissibilità dell’adozione in aula di un nuovo testo base in presenza di una discussione avviata e non conclusa in Commissione su un altro testo, aggirando l’articolo 72 della Costituzione dove si dispone che «ogni disegno di legge è secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa».
La discussione nel Pd tocca le varie implicazioni derivanti dalla nuova formulazione dell’articolo 1 del vecchio testo (confermato nel nuovo) che si richiama all’articolo 2 della Costituzione, relativo alle formazioni sociali, evitando confusioni con l’articolo 29, relativo alla famiglia. Si è parlato in particolare di una disciplina specifica da individuare per l’aspetto patrimoniale, evitando fotocopie del matrimonio.
Nel nuovo testo ancora oggetto di trattativa non vengono però eliminati gli aspetti più divisivi, a partire dalla reversibilità della pensione (con l’inserimento però di una copertura di spesa) e soprattutto la cosiddetta "stepchild adoption", ossia l’azione del figlio avuto dal partner in una precedente relazione. Una previsione che viene ritenuta un escamotage per introdurre l’adozione che in astratto viene tenuta fuori dal testo, ma poi verrebbe di fatto ammessa attraverso la maternità surrogata. Su questa pratica, altrimenti detta utero in affitto, esiste e resiste un divieto contenuto nella legge 40 (relativa alla procreazione medicalmente assistita) che però può essere tranquillamente aggirato ricorrendo a questa pratica all’estero, come dimostra ormai un’abbondante casistica.
Nel corso di una conferenza stampa le diverse forze politiche si oppongono all’approvazione del dll Cirinnà hanno deciso di fare fronte comune contro l’utero in affitto con degli emendamenti presentati dal senatore e penalista di Nico d’Ascola, di Ncd, volti a dare una nuova e più idonea configurazione al divieto di maternità surrogata contenuto nella legge 40 relativa alle procreazione medicalmente assistita. Un no all’utero in affitto che vede schierati in prima linea Eugenia Roccella, Maurizio Sacconi, Carlo Giovanardi, Roberto Formigoni e Alessandro Pagano del Ncd; Lucio Malan e Maurizio Gasparri di Forza Italia, con l’adesione anche della Lega arrivata dal capogruppo alla Camera Massimiliano Fedriga, assente oggi alla conferenza stampa, ma che conferma la sua volontà di fare fronte comune su questo tema.
Sul piano tecnico la proposta è quella di trasfmormare il no all’utero in affitto un un rato universale, perseguibile cioè in Italia a prescindere dal territorio in cui sia stato perpetrato. L'emendamento prevede la reclusione da 6 mesi a 4 anni o la multa fino a 2 milioni di euro per chi organizza, pubblicizza o utilizza la surrogazione di maternità. "Se venisse eliminata la pretesa di genitorialità - ha spiegato Sacconi - non sarebbe difficile trovare una unanimità che sarebbe nell'interesse di tutti. Ma purtroppo è proprio questo, temo, il vero biettivo del provvedimento in discussione".