Attualità

Roma. Unioni civili, «il ddl Cirinnà cambierà»

Roberta D’Angelo e Angelo Picariello martedì 19 gennaio 2016
Il Pd cambia rotta sulle unioni civili. Il partito si è convinto, ai massimi livelli (dal premier Renzi, al ministro Boschi), che questo testo - senza modifiche - rischia grosso, in aula nel voto segreto, specie sull’articolo 5, relativo all’adozione. Su cui potrebbero assommarsi le perplessità interne, degli alleati e delle opposizioni, con M5S che ormai nessuno, fra i Dem, considera alleato affidabile per controbilanciare. Ma, soprattutto, cresce in queste ore il timore di andare incontro a rilievi di costituziona-lità, gli stessi che il presidente emerito della Consulta Franco Mirabelli aveva segnalato in un’intervista ad Avvenire. Che cosa è accaduto? È accaduto che in contatti informali che il Governo ha cercato col Quirinale è bastato il persino ovvio invito ad andarsi a rileggere alla sentenza del 2010 a scatenare l’allarme. Urge un intervento sulle unioni civili, ma - raccomandava la Consulta - attraverso un nuovo istituto diverso dal matrimonio. In queste ore è andato quindi crescendo il timore di finire nel pantano. O in aula, o subito dopo a seguito dell’esame che dovrà venire dal Colle prima e dalla Consulta poi. Nessuna pressione o intervento da Mattarella (che nel 2010 non era ancora alla Consulta, ma da parlamentare aveva avallato la soluzione dei Dico), ma la virata c’è stata eccome, nelle ultime 48 ore, sulla spinta dell’esame del testo da parte dei tecnici di Palazzo Chigi e via Arenula. «Serve il riconoscimento dei diritti», si limita a dire ora il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Come se ne esce? Oggi il direttivo del gruppo del Senato proverà a trovare una soluzione, che al momento, però, non s’intravede. I cosiddetti 'cattodem' hanno tempo fino a venerdì per presentare i loro emendamenti - in quello stesso giorno Renzi riunirà la direzione del partito - ma per ora la proposta di affido rafforzato in luogo della stepchild adoption (l’adozione del figlio del partner) non decolla. E mentre si fa strada l’idea di intervenire anche sul titolo 2, relativo alle convivenze, il capogruppo Luigi Zanda continua a guardare con più favore alle ipotesi dell’affido pre-adottivo di 2 anni e del no esplicito all’utero in affitto. Per tentare di uscire dal guado il Pd torna a guardare agli alleati e anche a Forza Italia e ai Riformisti di Fitto. Non basta la disponibilità che arriva da Denis Verdini a votare il testo così com’è. Ma la soluzione è lontana. Da un lato la responsabile diritti del Pd, Micaela Campana, avverte: «No a stravolgimenti, a oggi - dice - non ci risultano problemi di costituzionalità». Ncd invece dice l’esatto contrario. «Queste proposte di modifica non convincono nessuno», avverte Maurizio Sacconi. In altre parole quel che è troppo per l’ala radicale del Pd, intestataria della proposta Cirinnà, è troppo poco, se non peggiorativo, per Area Popolare e anche per Forza Italia. Con un documento Sacconi-D’Ascola Ap si appella quindi a Mattarella per un attento esame. Chiedendo di tornare in commissione Giustizia per due mesi. Ponendo così riparo a uno dei rilievi di costituzionalità, visto che l’attuale testo - arrivato direttamente in aula - l’ha by-passata del tutto. Di «correttivi inevitabili», parla anche il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa. Cambiamenti che ora si danno per scontati all’articolo 2 e 3, nei riferimenti al matrimonio, a partire dalla cerimonia, dopo che - su proposta Lepri-Fattorini - è passata la riformulazione dell’articolo 1 per un «istituto giuridico originario». Nell’attuale confusione, cresce la possibilità che si vada allo stralcio dell’articolo 5, relativo alle adozioni, da trattare insieme alla riforma del-l’istituto, e non solo in relazione alle coppie gay.