La signora era anziana, seduta ad un banco della cappella, uno degli ultimi. Piangeva, sommessamente, senza riuscire a frenarsi, Suor Vincenza l’aveva già vista farlo ogni giorno, da tempo. Le si avvicinò, chiedendole cosa stesse succedendo: «Il mio nipotino dev’essere operato al cuore e poi anche trapiantato», fu la risposta. Lui aveva appena due anni. Abitava, come sua nonna, in un paesino a una sessantina di chilometri da Roma. Adesso di anni ne ha sette e sta benissimo. Lei, da quei giorni, ad ogni festività sale su un pullman di linea, raggiunge questa cappella dell’ospedale pediatrico
Bambino Gesù e partecipa alle celebrazioni. Che sono riprese da qualche giorno, dopo che la cappella è rimasta chiusa tre mesi per essere restaurata.
La... scoperta Ora «è stata restituita a tutti quelli ai quali è mancata in questo periodo», spiega don Mario Puppo, il cappellano del
Bambino Gesù: «Nel frattempo, come ogni cosa che manca, abbiamo riscoperto quanto fosse necessaria e la ricchezza di quando la hai, magari perché proprio per questo, perché la frequenti, ce l’hai sotto gli occhi, non te ne rendi conto. È assai più bella, più luminosa. Ci è stata restituita perché ne facciamo buon uso». Il restauro ha reso una specie di gioiellino questa chiesetta del 1500, che in quel tempo era refettorio per i religiosi della Congregazione dei poveri eremiti di San Girolamo. Ora «c’è anche questa rampa al suo ingresso, che serve ai disabili, ma anche a tutti i bambini ricoverati che qui scendono con la carrozzella ». Oltre alle reliquie di due santi, la 'papalina' di Giovanni XXIII e il sangue di Giovanni Paolo II. Oltre alla fede di bambini, donne, uomini, mamme e papà, nonne e nonni che ad ogni ora di ogni giorno scende qui dentro per sentirsi un po’ più vicina al Cielo.