Attualità

Natale. Luminarie di Bologna: una provocazione che tradisce Lennon

Antonio Staglianò giovedì 22 dicembre 2022

Ermeneutica, così si chiama la disciplina scientifica che “regola” tra gli umani l’interpretazione dei testi di ieri e di oggi. Deriva etimologicamente dal dio Ermes, il messaggero degli dei, che annuncia il destino. Certo, ogni testo scritto – anche Imagine di John Lennon – assume plurali significati in chi accoglie l’annuncio e interpreta il messaggio: ogni opera d’arte (scritta, figurativa o sonora) nasce e rinasce sempre nel lettore, nell’ascoltatore o nello sguardo di chi la contempla. Ovviamente però non si può prescindere dal senso dell’autore: e cosa voleva dire Lennon quando scrisse « Immagina che non ci sia il Paradiso» e « Immagina che non ci sia neanche la religione»? Per una risposta vera, sarà necessario interrogare tutto il testo.

Lo sappiamo ormai un po’ tutti – senza aver studiato i “giochi linguistici” del filosofo del linguaggio Ludwig Wittgenstein –, che una frase estrapolata dal suo contesto e inserita in un contesto diverso ne falsa il significato autentico. Tot capita tot sententiae (tante teste, tanti pareri) va bene fino a un “certo punto”: quello del tradimento plateale del messaggio della famosa canzone di Lennon, come è avvenuto con quelle due frasi, scritte in inglese e trasformate in luminarie, installate a pochi metri dalla Basilica di San Petronio, a Bologna.

La Chiesa cattolica vive la sua unità nella testimonianza dei successori degli apostoli uniti al vescovo di Roma, sicché il Papa esprime il cattolicesimo attuale con il suo magistero. Quello di Francesco è senza equivoci un magistero di pace: è la pace che il Vangelo porta in Gesù, non semplicemente la pace che nomina la non belligeranza strategica della politica e della diplomazia. Non c’è, infatti, pace senza giustizia. E non c’è giustizia senza dissolvere le «strutture di peccato» (cfr. Sollicitudo rei socialis) dovute al programmato immiserimento di popolazioni, nella devastazione dell’habitat della nostra casa comune (cfr. Laudato si’), attraverso le ferree logiche dell’homo homini lupus di una folle competitività, distruttiva dell’amicizia sociale e della fratellanza universale (cfr. Fratelli tutti).

Se il cattolicesimo è, oggi, tutto questo, allora quelle scritte nei pressi della Basilica cattolica non hanno alcun senso. Sono una «insulsa provocazione anticlericale». Sicuramente non appartengono al testo di Imagine di Lennon, in nessuna interpretazione possibile di questo meraviglioso “Inno alla pace”. Perché? Per via del contesto! Se fossimo infatti in “epoca crociata”, sarebbe diverso. Allo specchio dei kamikaze islamici, centrerebbe la questione. Dopo aver guardato la saga televisiva Vikings e aver capito quanto era importante uccidere e morire in battaglia, o vendicarsi, per entrare nel Valalla, allora sì. Con un Papa che continua ad affermare che «agire con violenza in nome di Dio è satanico», allora no. Lennon (anche Gesù e pure io) invita a immaginare che non ci sia il Paradiso e la religione, «niente per cui uccidere o morire» (Nothing to kill or die for). È questa la frase chiave dell’interpretazione della canzone. Dalle guerre di religione, presunte sante, non può derivare la pace. Il patriarca Kirill lo deve capire. E dunque, anche l’ateo può “immaginare”, invece, che ci sia il paradiso di Gesù, dove si entra solo se non si è perso del tutto quella partecipante sensibilità al dolore e alla sofferenza di altri, testimoniata dal Dio cristiano, solo e sempre amore.

Questo Dio – che il cattolicesimo predica, oltre e contro ogni infamante tradimento – vuole le stesse cose di Imagine (e prima di Lennon, in verità): «confini aperti» per accogliere i migranti; solidarietà per creare una fratellanza e una sororità di uomini e donne nell’amicizia, perché tutti gli uomini siano una cosa sola (ut unum sint) e vivano la loro vita in pace, dove gli affamati siano sfamati e tutti, senza avidità, condividano il mondo intero.

E con tutti questi problemi sociali e politici evidenziati nel testo, l’iniziativa di Bologna finisce per prendersela con la religione e il paradiso: e nemmeno ci azzecca! Perché San Petronio è una chiesa cattolica e il paradiso dei cattolici impegna alla pace, non alla guerra.

Vescovo, presidente della Pontificia Accademia di Teologia