Governo. Una flat tax, due versioni leghiste. Già divisioni su come dovrà partire
Al neonato governo Conte serve una dose di “mediazione” superiore al previsto. Ieri Alberto Bagnai e Armando Siri, i due senatori leghisti ispiratori del programma economico con cui Matteo Salvini si è presentato alle elezioni, hanno dato indicazioni significativamente diverse sul piano per rendere concreta la flat tax. Bagnai, professore di Economia dell’università di Pescara-Chieti, ha spiegato su Rai3 che il progetto su cui si sta ragionando è partire dall’anno prossimo con la 'tassa piatta' «come in Germania» sul reddito delle imprese, per poi introdurre dal 2020 la flat tax per le famiglie, anche se quest’ultima, ammette lo stesso Bagnai, viene ormai impropriamente chiamata flat, dato che nel contratto firmato tra Lega e Cinque Stelle si parla di due aliquote, una al 15 e l’altra al 20%. Bagnai però è stato corretto dopo poche ore da Siri, che al quotidiano online Affaritaliani ha negato che la riforma fiscale per le famiglie non arriverà prima del 2020: «Allo stato attuale posso dire che non è vero che dal prossimo anno la flat tax entrerà in vigore solo per le imprese, ma che ci sarà anche per le famiglie. Poi tutto sarà a regime per il 2020».
Si vedrà. I nomi dei due senatori circolano come probabili responsabili di primo piano all’Economia, con ruoli di viceministro o sottosegretario. Può essere che queste schermaglie siano parte della partita per conquistarsi il posto. Su questo punto Siri, ex giornalista di Mediaset, appare più autorevole, dato che è lui ad avere portato a Salvini l’idea della flat tax. Bagnai, attivissimo su Twitter, è invece assieme a Claudio Borghi il teorico leghista della lotta all’austerità e dell’addio all’euro (oggi rimesso nel cassetto).
Quando la squadra di governo sarà definita, sarà più chiaro anche il possibile percorso della flat tax e le soluzioni per il suo finanziamento. Siri ha spiegato che, complessivamente, costerà circa 30 miliardi all’anno. Bagnai ha assicurato che lasciare scattare l’aumento dell’Iva e delle accise «non è pensabile».
Il Pd contesta che, in realtà, la tassa sui redditi delle imprese di capitali già oggi è “piatta”: l’Ires ha un’aliquota fissa del 24% (era al 27,5% ed è stata ridotta dal 2016) mentre l’Iri, in vigore dal prossimo anno, dà la possibilità di scegliere di farsi applicare un’identica aliquota del 24% anche alle partite Iva.
Chi propone la flat tax, questo ovviamente lo sa già. L’idea, per quanto riguarda le imprese, si concretizza infatti in una significativa riduzione del carico fiscale (dal 24 al 15%) e un’unifcazione dei trattamenti previsti per i redditi delle diverse forme di impresa. Ad esempio le società di persone (come le Snc) non pagano l’Ires ma l’Irpef, mentre per le partite Iva ci sono aliquote diverse a secondo che si stia dentro certi limiti di reddito (pagando una tassa fissa del 15%) o che li si superi (in questo caso si applica l’Irpef, al netto delle spese deducibili). Sui redditi delle imprese si applica poi una seconda tassa, l’Irap, la cui aliquota varia dall’1,7 al 5,3% a seconda del settore in cui opera l’azienda. Inoltre diverse spese, ad esempio quelle per iniziative di welfare aziendale concordate con i sindacati, sono deducibili dal reddito di impresa, con il risultato che quasi sempre l’aliquota effettiva finale Ires è più bassa del 24%. Le cifre in gioco sono alte. Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Economia, l’Ires nel 2017 ha garantito un gettito di 35,2 miliardi di euro, mentre l’Irpef ha portato 182 miliardi nelle casse dello Stato. Cifre che, se ridotte, non sarà facile recuperare altrove.
Domande & Risposte
Come funziona la flat tax proposta da Lega-5 Stelle?
L'indicazione del contratto di governo sarebbe parzialmente "flat", perché le aliquote previste sono due: una al 15%, l'altra al 20% per famiglie e imprese.
Che imposta pagano oggi le imprese?
Le società sono tenute a versare l'Ires, imposta proporzionale - una sorta di flat tax, quindi - che dal 2017 è scesa dal 27,5% al 24%. Si determina applicando un'aliquota proporzionale alla base imponibile formata dai ricavi meno i costi deducibili.
Chi ci guadagna?
Occorre vedere come la proposta sarà concretizzata. Molto dipenderà da quali detrazioni e deduzioni saranno o meno confermate. La porzione più ricca dei contribuenti dovrebbe guadagnarci.