L’aquilano Mauro Zugaro e il bergamasco Alberto Zurlo vogliono la stessa cosa: ricominciare a lavorare. E presto. 'La crisi ha lasciato a Paganica segni più profondi del terremoto, non possiamo certo permetterci di stare con le mani in mano. Aspettiamo solo che i vigili del fuoco ci autorizzino a riaprire' spiega il primo, che gestisce la lavanderia di via Fioretta. La casa non ce l’ha più, devastata dalla scossa di lunedì notte, come la chiesa e come il convento delle Clarisse. Hanno tenuto invece le strutture del quartiere industriale, qualche centinaio di metri a valle, un’area che è sorta in pochi anni grazie agli aiuti europei e altrettanto rapidamente rischia di spopolarsi. Il gruppo Ofetal dà lavoro a duecento operai e Zurlo, che è sceso dalle valli orobiche per dirigere la produzione di alluminio grezzo, conferma: «Non abbiamo subito alcun danno, ma siamo fermi perché ci hanno tolto acqua e gas. Speriamo che ce le restituiscano, perché noi vogliamo ripartire con la produzione domani » . Gli stabilimenti, tutt’intorno, sono deserti, eppure l’impressione è che faccia sul serio. « Se le istituzioni ci daranno una mano, come dicono, sarà un investimento. I soldi per la ricostruzione non andranno persi: l’Abruzzo si comporterà come il Friuli», taglia corto Zurlo, il quale porta con sé l’esperienza di un mestiere antico. « Le acque del fiume Vera hanno una temperatura costante di otto gradi – racconta infatti Angelo Alfonsetti di Tempera – e le nostre nonne avevano messo in piedi una vera e propria industria della lavanderia della quale si serviva tutto l’Aquilano. Qui si produceva, con la valchiera, la famosa coperta abruzzese, calda e impermeabile, e l’acqua alimentava l’industria della seta e i mulini». Paolo Gasbarri gestiva l’ultimo. « Spero di ripararlo e convincere i miei figli a proseguire quest’attività » , ci dice, mentre si aggira tra tende e gruppi elettrogeni nel campo degli sfollati. Persino a Onna, la piccola frazione che con i suoi quaranta morti è diventata il simbolo della sofferenza aquilana, si ragiona già sul futuro. Luigi Rainaldi è titolare di un’azienda di prefabbricati, in cui lavorano in settanta. « Possiamo riaprire domattina – ci dice – ma finché la terra tremerà gli operai non si sentiranno al sicuro » . Anche qui c’è un fiume, l’Aterno. Anche qui c’è una via dei Martiri: sarebbero quelli del ’ 43 ma ormai la via è è dedicata a chi ci è morto, sotto i muri di casa propria. « Li ho visti uscire dalle case nella notte, increduli e disperati. Ho abbracciato le figlie di un mio amico, morte di asfissia. Ho immobilizzato decine di braccia e di gambe con steccaggi di fortuna, ma non mi sono mai trovato solo: tutto il paese si è rimboccato le lacrime' racconta il medico Gabriele Di Cata. La moglie, anche lei medico, ribadisce: ' tutti hanno pensato a mettere in salvo i propri cari e dopo, subito dopo, si sono dedicati ai feriti, muovendosi nella polvere, in un buio spettrale. Hanno dimostrato che una comunità non muore mai, neanche di terremoto » . La sua vicina di casa, Antonella di Gasbarro ha il volto tumefatto, le è caduta addosso una volta di mattoni ma le fa più paura un futuro senza lavoro: « Il nostro studio odontoiatrico dell’Aquila è inagibile, chissà per quanto » , sussurra. «Però siamo vivi», ribatte il marito e ti spiega che nella notte di Onna una rete elettrosaldata tra i mattoni fa la differenza tra la vita e la morte: « Se avessimo risparmiato sulla ristrutturazione della casa, non saremmo qui » . Uno dei capitoli più spinosi della ricostruzione sarà proprio quello del rispetto delle norme antisismiche. L’Abruzzo dei borghi antichi, pittoresco e selvaggio, per troppi è diventato una tomba. « Non possiamo dare un giudizio definitivo, ma le case ben costruite, anche quelle con cemento e pietre listate, hanno retto » , argomenta Giacomo Garofalo, che fa il geometra a Monticchio, che si trova a un tiro di schioppo da Onna ma non ha avuto né crolli né vittime. È rimasta in piedi persino la vecchia scuola Basile, costruita «a dispetto di tutte le norme antisismiche » , come dicono qui. Il governo ha annunciato finanziamenti memorabili per l’edilizia ma gli aquilani del contado si guardano intorno e si chiedono se saranno conservati tutti quei vincoli architettonici che hanno impedito di rinforzare le case contadine. Luigi Calvisi è sindaco di Fossa. Anche lui, come tutti i suoi colleghi, ha visto il paese traslocare in blocco nel campo sportivo. « Siamo fortunati, perché abbiamo una pro loco efficiente, che ogni anno organizza la sagra della bistecca: questo ci ha permesso di affrontare l’emergenza, anche se non vorrei che la nostra autosufficienza inducesse a trascurarci » . Il punto dolente sono i letti e l’acqua che non arrivano. Anche Fossa si è sgretolata in una notte ma anche qui si guarda già al futuro. « Speriamo – riflette il sindaco – che il sisma non allontani gli inglesi » . Prego? « Il nostro futuro è il turismo e in questi anni abbiamo venduto di tutto, stalle e cantine comprese, agli inglesi. Speriamo che non ci abbandonino » . Una nuova scossa, e la frase si spezza.