Il contributo. Un metodo perché la "rete di Trieste" serva davvero il bene comune
Ernesto Preziosi
La Settimana sociale di Trieste, nel luglio scorso, ha avuto il merito di riportare i cattolici a interrogarsi sulla democrazia. La presenza di un buon numero di donne e uomini impegnati nei territori ha arricchito la discussione di una dimensione esperienziale particolarmente preziosa. Soprattutto gli amministratori, tra cui sindaci, assessori, consiglieri comunali, hanno trovato nelle giornate triestine un’occasione di confronto, riflessione e incontro con chi, pur provenendo da altri contesti e da altre appartenenze politiche, condivide però l’impegno nel governo della cosa pubblica.
È pensando alla ricchezza portata dalla dimensione di “prossimità” in cui gli amministratori esercitano la politica che si è lanciata la proposta di dare seguito a un primo incontro fra amministratori che proprio durante le Settimane sociali di Trieste si è tenuto. L’intenzione espressa è, come detto a Trieste, quella di arrivare a iniziative aperte proprio a chi intende continuare il «lavoro di scambio e condivisione delle esperienze sui temi concreti legati ai territori, in una visione
di insieme nazionale, europea e internazionale». Argomenti 2000, come associazione che da anni cammina in questa prospettiva, si sente interpellata e chiamata a dare la disponibilità a partecipare all’organizzazione dell’iniziativa che richiede, con evidenza, la chiara consapevolezza delle esigenze che il presente impone alla politica, come anche delle forme che la pratica della politica ha ormai assunto. Ci riferiamo non tanto e non solo alle sue degenerazioni, ma anche alla domanda di una nuova fase di democrazia diffusa e deliberativa che non può essere ignorata, e che consiste in una sana relazione tra buon governo e attiva partecipazione degli organismi intermedi e di ogni cittadino consapevole.
Accanto alla necessità di offrire momenti rivolti alla elaborazione di adeguati contenuti culturali, chiamare gli amministratori a pensare e impegnarsi in un itinerario comune richiede del resto uno sforzo di chiarezza sulle ragioni e le caratteristiche che esso intende avere. Serve allora porsi una serie di domande a partire dal rapporto che, qualcosa che nasce da un’esperienza propriamente ecclesiale come le Settimane Sociali, deve avere con la pratica politica che è fatta attraverso i partiti. Che i cattolici siano chiamati a occuparsi della città dell’uomo è fatto ricordato dal Concilio e dall’insegnamento sociale della Chiesa, ma come dargli forma in modo che l’unità che viene dalla fede non sia confusa con l’appartenenza politica che, in democrazia, esige il pluralismo? A Trieste
si è messa al centro delle riflessioni la democrazia. Quanto e come la discussione circa la crisi odierna della democrazia può essere raccolta e fatta propria da chi fa politica fra la gente? Quanto e come dei cristiani che si assumono responsabilità per le loro città e comunità possono lavorare assieme per rafforzare la democrazia in termini di partecipazione e di qualità del suo operare? Mettere assieme in un cammino comune gli amministratori in che termini può aiutare a portare un di più di democrazia e di intelligenza politica anche sul piano nazionale e su quello europeo?
Alla luce del cammino fatto in questi anni, ci pare dunque di poter segnalare l’importanza di un raccordo ampio, che tenga conto di quanto è in atto, favorendo una proposta plurale, che possa così risultare un effettivo servizio al bene comune.