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Le difficoltà dell'Europa. L'Ue: più fondi per i campi profughi

mercoledì 23 settembre 2015
L'Europa cerca di andare oltre lo strappo con i Paesi dell'Est sui 120mila ricollocamenti, e di ricompattarsi - nonostante la voglia di bagarre di alcuni - di fronte alla sfida dei flussi di profughi dalle aree di crisi. E sul terreno continuano le tensioni con scambi di accuse tra Zagabria, Belgrado e Budapest per la gestione dei confini. In Croazia si arriva anche a scontri col lanci di lacrimogeni.   "Ora serve coraggio" esorta il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, mentre l'Alto rappresentante Federica Mogherini avverte :"Le divisioni non danno credibilità alla Ue". Il vertice informale dei leader Ue si riunisce dopo che Bruxelles ha aperto una quarantina di procedure di infrazione contro 19 Stati per mancanze nell'applicazione dei regolamenti sul sistema comune d'asilo (registrazioni, raccolta di impronte, accoglienza e rimpatri). L'Italia non è nel gruppo. E anche se l'Europa insiste sulla necessità di applicare le direttive, il premier Matteo Renzi sottolinea, "passettino" dopo "passettino" si va "verso il superamento di Dublino".    Rafforzare il controllo delle frontiere esterne dell'Unione, anche attraverso la creazione di guardie di frontiera europee, e dare sostegno economico ai Paesi del vicinato più esposti alla crisi in Iraq e Siria, a partire dalla Turchia, sono tra i punti chiave del vertice informale dei leader dei 28. Ma i fondi a disposizione non bastano e Bruxelles richiama i partner comunitari a mettere sul piatto 'denaro frescò, per mobilitare fino a due miliardi di euro, a sostegno di Ankara e delle agenzie internazionali che si occupano di rifugiati. Un confronto anche sulla situazione in Siria e in Libia. Mogherini aggiorna i leader sullo stato dell'arte, anche in vista della prossima assemblea generale dell'Onu dove si parlerà di tutte le crisi aperte. "Qualsiasi strada possibile per trovare una soluzione in Siria deve essere percorsa" afferma Francois Hollande quando gli viene chiesto se Vladimir Putin può avere un ruolo, e in una bilaterale col premier britannico David Cameron si ipotizza che i voli di ricognizione possano essere seguiti da attacchi. Per il premier bulgaro Bojko Borissov "solo con la collaborazione di Stati Uniti e Russia si può risolvere il conflitto". Questa "è la vera soluzione" anche alla crisi dei profughi, spiega. A dare una proporzione della magnitudo del fenomeno che l'Europa si potrebbe ritrovare ad affrontare nei prossimi mesi è il presidente del consiglio europeo Donald Tusk, che reduce da viaggi in Turchia e Giordania avverte: "Con 8 milioni di sfollati in Siria, oggi parliamo di milioni di potenziali rifugiati che cercano di raggiungere l'Europa. Abbiamo raggiunto un punto critico". Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (che il 5 ottobre sarà a Bruxelles per vedere Jean-Claude Juncker), da Mosca ammonisce: "la situazione dei profughi siriani e quello che succede sulle coste del Mediterraneo è una vergogna per tutto il mondo". Poi, citando Tolstoj, mette in guardia: "L'incendio doloso di una casa rischia di bruciare tutto il villaggio". Bruxelles chiede "almeno un miliardo in più" per Unhcr, World Food Programme e altre agenzie che si occupano dei rifugiati. "Se gli Stati membri e l'Ue non mobiliteranno abbastanza fondi, rischiamo altri milioni di rifugiati in arrivo in Europa", avverte il presidente del Parlamento Ue Martin Schulz. "Dateci i fondi di cui abbiamo bisogno per combattere questa crisi", rilancia Juncker. La cancelliera tedesca Angela Merkel incita l'Europa ad "impegnarsi di più" verso il resto del mondo", mentre il premier Cameron assicura che il Regno Unito "lavorerà con i partner Ue per mitigare il conflitto" in Siria ed offre altri cento milioni di sterline per la crisi dei profughi. Ma restano i mal di pancia per la decisione sui ricollocamenti imposta a Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, e Romania, con un voto a maggioranza (la Finlandia si è astenuta). Hollande schiaffeggia: "L'Europa è costituita da principi, e chi non li rispetta deve porsi la domanda sulla sua presenza in seno all'Ue". Il più duro è il premier slovacco Robert Fico, che ha già annunciato ufficialmente di volere procedere legalmente contro il provvedimento adottato. Il primo ministro ceco Bohuslav Sobotka si dissocia: nonostante i malumori preferisce "non accrescere le tensioni". L'ungherese Viktor Orban chiarisce di essere stufo di essere additato come "l'europeo cattivo" e chiede di non essere più bersaglio delle condanne dei partner. Vuole il "rispetto di Schengen o sarà il caos" e annuncia che la barriera ai confini con la Croazia sarà conclusa nel weekend.