èVita. La Ue: «Basta animali nei test. Usiamo embrioni umani»
Cellule staminali embrionali umane, ottenute distruggendo embrioni congelati "in sovrannumero", per sostituire cavie animali nei test tossicologici sui farmaci. Può apparire paradossale ma è quanto prevede un progetto di ricerca, finanziato con 12 milioni di euro dall’Unione Europea nell’ambito del VII Programma quadro, ancora in corso, e che si sta pensando di rifinanziare. Si chiama «Esnats», acronimo che sta per «nuove strategie di test alternativi basati sulle cellule staminali embrionali». Tra i programmi di ricerca sulle staminali finanziati dalla Ue è quello che ha ottenuto la quota più alta di fondi comunitari (che in questo specifico settore ammontano a 22 milioni di euro per il periodo 2007-2013). A coordinarlo è Jürgen Hescheler, dell’Istituto di Neurofisiologia dell’Università di Colonia, che guida un gruppo di 29 tra università e aziende (per l’Italia c’è la società cremonese Avantea, specializzata in zootecnia e biotecnologie). Per inciso, Hescheler era tra i firmatari di una lettera apparsa lo scorso anno sulla rivista Nature contro la possibilità – poi verificatasi a ottobre – che la Corte di Giustizia europea vietasse la brevettabilità di embrioni o strumenti da essi derivate.
Qui però non si tratta di studiare cure per gravi malattie, dal Parkinson alla cecità, le stesse invocate dai fautori dell’utilizzo delle staminali embrionali. Tutt’altro. «L’obiettivo del progetto Esnats – si legge infatti sul relativo sito Internet – è di sviluppare una nuova piattaforma di test di tossicità all in one fondata su cellule staminali embrionali, in particolare umane, per accelerare la realizzazione di farmaci, ridurre i costi di ricerca e sviluppo e proporre una potente alternativa ai test animali». L’aspetto bioetico viene riconosciuto ma allo stesso tempo liquidato affermando che le staminali verrebbero prelevate da embrioni umani congelati che «sarebbero stati distrutti comunque».
«Il paradosso – osserva David Fieldsend, direttore per l’Europa di "Care for Europe", Ong cristiana specializzata in ricerca e istruzione – è che, anziché considerare le cellule embrionali come degne di un più elevato rispetto o protezione, sono le stesse cellule embrionali a essere ridotte al rango di un’alternativa a qualcos’altro ritenuto degno di maggiore protezione». Ovvero gli animali. In gioco, neanche a dirlo, sono «enormi interessi commerciali». In effetti, se il progetto avrà successo, «sarà necessario ri-testare tutta una serie di prodotti farmaceutici: si apre un mercato immenso». Ma non basta. Secondo Care for Europe, paradossalmente proprio una direttiva Ue – secondo la quale è obbligatorio utilizzare sempre alternative a test animali quando disponibili – potrebbe spingere a usare un crescente numero di embrioni umani. «È piuttosto curioso – commenta l’eurodeputato del Ppe slovacco Miroslav Mikolášik, medico che ha lavorato in reparti di terapia intensiva, ora tra i parlamentari Ue più attivi sui temi bioetici – si accetta la distruzione di embrioni umani per non dover alimentare e gestire animali da laboratorio».
In seno al Parlamento Europeo sta però crescendo il numero di quanti nutrono forti dubbi sull’opportunità di un finanziamento Ue della ricerca sulla staminali embrionali, che Bruxelles vorrebbe mantenere anche in Horizon 2020, il nuovo programma quadro (l’ottavo) per il periodo 2014-2020, dotato di 87 miliardi di euro complessivi. «Qualsiasi ricerca sulle cellule staminali umane, allo stato adulto ed embrionale – si legge nella bozza della Commissione –, può essere finanziata». La questione, in verità, non è soltanto etica, come sottolinea Mikolášik, ma anche scientifica. «Fino a oggi – sottolinea – non un solo paziente al mondo è stato curato con staminali embrionali».
Molto più promettenti sono invece le staminali prelevate da adulti o dal cordone ombelicale. Come ha riferito ieri a Bruxelles Colin McGuckin, presidente dell’Istituto per la ricerca sulla terapie cellulari di Lione, fino a oggi sono state trattate ben 70 malattie grazie a cellule staminali adulte e cordonali, e altri 600 casi sono in fase di test clinico. Grazie a queste cellule a McGuckin è riuscita, primo al mondo, la creazione di un nuovo fegato del tutto naturale con le cellule dello stesso paziente. Perché – si chiede Mikolášik in un’interrogazione scritta – la Commissione non si concentra su queste ricerche, lasciando perdere quelle sulle embrionali, controverse e oggetto ora anche di una sentenza della Corte Ue? Ma la Commissione, per ora, non ci sente. «Ci sono pazienti che attendono – taglia corto Ruxandra Draghia-Akli, medico e dirigente della Direzione generale salute dell’esecutivo Ue – finanzieremo tutti i progetti che potranno portare a cure». Un modo per far passare tutto.