L’accordo sul nuovo piano della Commissione Europea per ridistribuire in modo obbligatorio tra tutti gli Stati Ue, in due anni, 120.000 richiedenti asilo da Italia, Grecia e Ungheria, sembra, dopo giorni difficilissimi, a portata di mano. Dopo una riunione fiume di 10 ore degli ambasciatori dei 28, finita mercoledì notte, si è profilata una schiarita, complice anche il crescente pressing di Bruxelles, ma soprattutto il potente martellamento di Berlino. «L’accoglienza dei profughi deve essere risolta in modo comune – ha ribadito anche ieri il cancelliere Angela Merkel in un’intervista – la solidarietà europea significa che tutti partecipino ». Ieri molti diplomatici apparivano molto più ottimisti per il consiglio straordinario dei ministri dell’Interno lunedì a Bruxelles, che sarà preceduto, domenica sera, da un’ultima riunione degli ambasciatori per spianare definitivamente (si spera) la strada. L’obiettivo lunedì - a parte il varo formale (scontato e rapido) del primo piano di emergenza per 40.000 richiedenti asilo da Italia e Grecia, su cui si è trovata l’accordo a luglio - è trovare un’intesa politica sul piano da 120.000, in vista di un varo formale al consiglio dei ministri dell’Interno l’8 ottobre a Lussemburgo. «Senza un segno concreto di solidarietà e unità da parte dei ministri lunedì – ha minacciato il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk – convocherò un Consiglio Europeo straordinario a settembre ». In realtà probabilmente non servirà, ieri varie fonti Ue assicuravano che c’è ora un’ampia maggioranza qualificata per la proposta della Commissione. Il blocco di oppositori dell’Est si è assottigliato: sono rimaste solo Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria, che ieri a Praga hanno ribadito il loro no. La Polonia è ormai passata nel campo dei favorevoli, insieme alla Spagna. E anche le repubbliche baltiche hanno ceduto dopo che la Commissione le ha rassicurate con un tetto massimo di profughi legato alla popolazione. Il problema è semmai Budapest, visto che figura tra i beneficiari del piano: la Commissione ha previsto di spostare 54.000 dei 120.000 (siriani, eritrei e iracheni, per l’Italia 14.600 e per la Grecia 15.400) proprio dall’Ungheria. I magiari protestano che non sono un paese di «prima linea», visto che i profughi arrivati attraverso la rotta balcanica hanno toccato prima la Grecia, e rifiutano gli hotspot, i centri di identificazione e registrazione previsti dal piano. Tanto che l’ambasciatore ungherese ha chiesto che il suo Paese sia «cancellato » dal piano. Non è chiaro che fare dei 54.000 previsti per l’Ungheria, potrebbero essere spostati da altri paesi sotto pressione l’Italia o la Grecia, o anche la Germania o l’Austria. Qualche diplomatico scommette del resto in un ripensamento di Budapest. A questo punto la natura obbligatoria della ridistribuzione appare in dirittura d’arrivo, sia pure con qualche virtuosismo tipico di Bruxelles: secondo vari diplomatici nel testo finale si dirà che il principio della ridistribuzione è obbligatorio, e si fisseranno in modo vincolante i metodi di calcolo con i quali la Commissione ha già elaborato le percentuali. Non si espliciterà espressamente, tuttavia, la logica conseguenza: le quote così calcolate saranno anch’esse obbligatorie. Un artificio per consentire a vari stati con qualche mal di pancia residuo di 'vendere' meglio in patria l’intesa. Rimangono, però, altri punti aperti. Così la possibilità prevista dalla Commissione di consentire a uno Stato (in situazioni eccezionali) di sottrarsi pagando lo 0,002% del pil non piace per niente a Berlino e a Parigi, anche l’Italia non è entusiasta. Altro punto aperto è se includere o meno anche la Turchia nella lista dei paesi d’origine sicuri per facilitare i rimpatri, visti gli ultimi, preoccupanti sviluppi. Ieri inoltre il presidente di turno dell’Ecofin, il ministro delle finanze lussemburghese Pierre Gramegna, ha annunciato che chiederà alla Commissione di valutare di considerare ai fini del Patto di stabilità le spese sostenute per i profughi. Sullo sfondo, la proposta della Commissione di un futuro meccanismo permanente di ridistribuzione in caso di crisi. Su questo la discussione sarà più complicata e difficilmente sarà risolta lunedì.
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