Ucraina. Obiezione di coscienza e no alle armi, l’ultima sfida dei pacifisti italiani
Gli attivisti di Stopthewarnow in cammino verso l’Ucraina
Di nuovo in cammino. Il movimento pacifista e nonviolento italiano è ripartito alla volta dell’Ucraina per ribadire la richiesta di un negoziato che favorisca la cessazione del conflitto, mobilitandosi di nuovo in soccorso delle vittime. Un’altra carovana della pace Stopthewarnow – la quarta dalla primavera scorsa – è partita tre giorni fa alla volta di Kiev, attraversando l’Europa orientale a bordo di furgoni e minibus carichi di aiuti per i profughi.
Rispetto alle precedenti missioni, la rete di associazioni impegnate nella costruzione della pace si è data stavolta un obiettivo più politico che umanitario. Si propone di porre le basi per la costruzione di accordi di partenariato con la società civile, i sindacati e le organizzazioni non governative ucraine che credono in un’alternativa all’uso delle armi. Il viaggio durerà una settimana e sarà anche l’occasione per rilanciare a livello internazionale la campagna a sostegno degli obiettori di coscienza sotto processo o sotto inchiesta in Ucraina.
«Portiamo avanti un’analoga campagna per gli obiettori in Russia, dove gli attivisti rischiano la libertà anche solo per aver diffuso messaggi contro la guerra», spiega Alfio Nicotra, presidente dell’associazione "Un ponte per" che ha organizzato questa carovana con il Movimento nonviolento italiano e alla Ong rumena Patrir (Peace Action, Training and Research Institute of Romania). Nella delegazione di 25 pacifisti partiti dall’Italia c’è anche don Renato Sacco, in rappresentanza di Pax Christi.
«Siamo dalla parte di tutte le realtà che stanno resistendo all’aggressione russa senza usare le armi», ci ha detto non appena giunto in Ucraina. «E sosterremo economicamente, umanamente e cristianamente gli obiettori di coscienza russi e ucraini che hanno problemi con la giustizia. Difendiamo la loro libertà di opporsi all’obbligo di uccidere e chiediamo all’Europa di concedere asilo politico agli obiettori».
«Papa Francesco ha ribadito più volte che non saranno le armi a portare la pace – prosegue don Sacco – e di recente ha ricordato anche il sacrificio di Franz Jägerstätter, il giovane contadino cattolico che rifiutò la chiamata alle armi ai tempi del nazismo. Al momento, però, l’Ucraina riconosce l’obiezione di coscienza solo per motivi religiosi e contro gli obiettori di coscienza sono in corso centinaia di procedimenti penali».
Il caso-simbolo è quello del giornalista Ruslan Kotsaba, accusato di alto tradimento dalla giustizia ucraina per alcune dichiarazioni contrarie alla leva militare risalenti al 2015, ai tempi della guerra nel Donbass. Il processo a suo carico, previsto per ieri, è stato rinviato. Rischia una condanna a 15 anni di carcere. Anche per lui il Movimento nonviolento italiano ha formulato una proposta di risoluzione che chiede alle istituzioni europee di garantire l’asilo politico a coloro che hanno evitato o disertato il servizio militare in Ucraina, in Russia e in Bielorussia.
Ieri il convoglio dei pacifisti italiani ha fatto tappa nella città di Cernivtsi, nell’Ucraina occidentale. Prima gli attivisti hanno consegnato gli aiuti umanitari, poi hanno incontrato un centinaio di studenti dell’università cittadina partecipando a un seminario sul tema della pace organizzato dal professor Serhij Lukanjuk, responsabile umanitario di un ateneo che da marzo a oggi ha accolto oltre 5.000 sfollati nei suoi dormitori.
In serata il gruppo ha preso il treno notturno alla volta di Kiev, dove arriverà oggi. Nella capitale sono in programma una serie di incontri con i pacifisti ucraini e con il movimento degli obiettori di coscienza. Sabato, prima di iniziare il viaggio di ritorno in Italia, la carovana della pace sarà ricevuta anche dal nunzio apostolico in Ucraina, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas. Intanto ieri il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, ha inviato un messaggio di ringraziamento agli attivisti di Stopthewarnow giunti in Ucraina. «Vi accompagno con affetto e amicizia», ha scritto.
«Non possiamo rassegnarci alla guerra e al suo terribile prezzo di morte e sofferenza che produce - aggiunge-. La vostra presenza sia una piccola luce di pace nelle tenebre terribili della violenza. Tra pochi giorni ci troveremo ad Assisi proprio per chiedere il dono della pace. La preghiera e la solidarietà sono i primi modi indispensabili per non rassegnarsi. Con insistenza. Un abbraccio».