Medicina. Tumori, ecco le nanoparticelle che ingannano le cellule maligne
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Proprio come piccole navi da guerra travestite da imbarcazioni civili, entrano nei porti di approdo con l’inganno, per poi sganciare l’impressionante arsenale di cui dispongono uccidendo i nemici. Si potrebbe paragonare ad un cavallo di Troia l’innovativo meccanismo anti-cancro messo a punto dai ricercatori dell’Università di Trieste, in collaborazione con altri istituti internazionali, come la China Pharmaceutical University e Aix Marseille University: le piccole navi da guerra sono due nanoparticelle, i porti di approdo sono cellule, mentre le armi contenute nel moderno arsenale non sono altro che terapie a base di Rna e Dna capaci di colpire le cellule di tumori aggressivi e metastatici e di contrastare malattie genetiche rare, in modo selettivo e mirato.
La ricerca ha trovato spazio sulla prestigiosa rivista scientifica Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences) dove viene svelato come sono state progettate, sintetizzate e testate le due nanoparticelle, e come avviene il trasporto e il rilascio, da parte di queste particolari “navi”, di acidi nucleici, ovvero le macromolecole di due tipi (Dna e Rna), in grado di modificare l’informazione genetica nelle cellule. Questa modalità è tra le terapie moderne più interessanti ma nel metterla in pratica i ricercatori hanno sempre incontrato un limite perché il nostro stesso sistema immunitario non riconoscendo, o meglio, riconoscendo come agenti esterni, e quindi nemici, le molecole terapeutiche, le aggredisce vanificando gli sforzi dei ricercatori. Da qui la necessità di “mascherare” le terapie e “ingannare” la cellula, creando, come spiega una nota dei ricercatori, «due diversi tipi di vettori che utilizzano nanomateriali autoassemblanti: dei “mattoncini” che, ravvicinati, riescono a organizzarsi autonomamente attorno a questi acidi nucleici, nasconderli e trasportarli dentro le cellule in modo selettivo».
Le due nanoparticelle sono differenti, l’una specifica per le terapie a base di Rna, l’altra per quelle a base di Dna. È un risultato estremamente rilevante, dicono a Trieste, «perché queste molecole hanno caratteristiche diverse ed è necessario che il vettore sia costruito sulla base del modo con cui ciascuna di esse penetra nella cellula». Con questo studio, sottolinea Sabrina Pricl, docente di Ingegneria chimica e responsabile scientifico del team “Molecular Biology and Nanotechnology Laboratory” dell’ateneo triestino, «siamo riusciti per la prima volta a ottenere due nanoparticelle estremamente selettive. Abbiamo studiato e capito come gli acidi nucleici a base Rna e Dna entrano nella cellula, e creato il trasportatore “su misura” per ciascuna di esse, testandone l’efficacia sia in vitro sia in vivo e verificandone una grande capacità terapeutica. È un importante traguardo per una medicina sempre più personalizzata».
I prossimi passi? Portare a una dimensione industriale la produzione delle nanoparticelle. «Quando si tratta di nuove molecole di uso farmaceutico - aggiunge Pricl - è sempre difficile fare previsioni e non bisogna creare false illusioni, però queste nanoparticelle sono promettenti per un ingresso nella pratica clinica in tempi rapidi». D’altra parte, evidenziano i ricercatori, è già stata dimostrata l’efficacia e la non tossicità delle nanoparticelle. Un aspetto non certamente secondario nel percorso che porta a nuove e potenti terapie.