La gran parte del tessuto contenente il sangue di Papa Giovanni Paolo II è stata trovata nel garage di uno dei tre giovani denunciati ieri per il furto della reliquia. Il frammento è stato ricostruito dal vescovo ausiliario dell'Aquila, Giovanni D'Ercole, secondo il quale mancano solo alcuni filamenti. L'annuncio è stato dato dallo stesso monsignor D'Ercole nel corso di una conferenza stampa congiunta con la polizia e i carabinieri. Il vescovo ausiliario si è detto "felice", sostenendo che il frammento di tessuto è stato da lui personalmente ricostruito e che mancherebbero soltanto alcuni filamenti d'oro che la polizia sta ancora cercando con l'impiego della task force della Scientifica.«Per questi tre ragazzi c'è il perdono di Papa Giovanni Paolo II e da parte nostra», ha aggiunto D'Ercole, che ha ringraziato «tutti coloro che hanno lavorato per
ritrovare la reliquia». Il vescovo ausiliare ha ricostruito tra ieri sera e stamani la quasi totalità del pezzetto di stoffa con una parte di filamenti d'oro ritrovati nel garage di uno dei tre denunciati per il furto. Le ricerche proseguono per trovare il resto, frammenti di piccolissime dimensioni, per completare l'opera di ricostruzione.
Il pezzetto di stoffa con il sangue di Papa Giovanni Paolo II era stato trafugato la settimana scorsa dal santuario di San Pietro della Ienca alle falde del Gran Sasso e gettato via dai ladri perché ritenuto privo di valore.Le indagini sul furto sono state avviate domenica scorsa dai carabinieri, che, il giorno successivo avevano anche impegnato circa 50 uomini alla ricerca della refurtiva nell'area del santuario. Ieri mattina invece è stata la polizia a fermare i tre ladri e a ritrovare la parte metallica della reliquia e la croce. Ieri, seppellita in un prato vicino al Sert accanto alla basilica di Collemaggio dell’Aquila, le forze dell’ordine avevano ritrovato solo la teca di vetro che custodiva il frammento dell’abito indossato da Papa Wojtyla il giorno dell’attentato in piazza San Pietro, il 13 maggio 1981. Un terzo pezzo del reliquiario poi, nel tardo pomeriggio, è stato rinvenuto nei parcheggi sotto una palazzina del progetto Case di Tempera, l’abitazione di uno dei fermati. Sembrava un puzzle complicato. Uno di quelli che spaziava dalla pista satanica al furto commissionato da un collezionista, fino ad arrivare alla vendetta contro i responsabili dell’associazione culturale "San Pietro della Ienca" che si occupa del rilancio turistico del luogo di preghiera tanto caro al beato Karol Wojtyla. E invece, forse, la sottrazione dell’ampolla dal piccolo santuario sul Gran Sasso, in cui il pontefice polacco si era rifugiato a pregare decine di volte, ha una spiegazione più semplice. I tre ladri, infatti, volevano rivendere la teca che credevano d’oro, ma che poi hanno scoperto essere in ferro. Così si sono disfatti del «pezzo di stoffa». Poi, quando si sono resi conto dell’impossibilità di «fare soldi» con l’ampolla, l’hanno nascosta in un prato insieme alla piccola croce sottratta insieme alla reliquia. Ieri mattina sono stati proprio i due ragazzi aquilani a confessare di aver rubato anche l’ampolla. Così hanno indicato con precisione alla squadra mobile il luogo dove avrebbero ritrovato tutto.I tre giovani infatti (tutti con precedenti penali, ma già rimessi in libertà ieri sera) hanno confessato di aver aperto la reliquia nei garage al piano terra del progetto Case a Tempera, un paese a pochi chilometri dal capoluogo abruzzese. È «una ferita nella ferita» dice Franca Corriere, la donna che domenica mattina per prima ha scoperto le sbarre segate della finestra laterale della chiesa di San Pietro della Ienca. «Mi sembra così assurdo – ammette – che qualcuno possa pensare che un oggetto rubato in chiesa sia senza valore e lo getti via». Il comportamento, ipotizza alla fine, di entrare in un santuario in cerca di qualcosa da vendere presto «e non forzare la cassetta delle offerte che avrebbe dato soldi subito» non è spiegabile. Due giorni fa, all’appello di restituire prima possibile il prezioso resto dell’arcivescovo dell’Aquila Giovanni Petrocchi, si era unita la preghiera «di riconsegnare l’ampolla prima della canonizzazione ad aprile» del segretario particolare di Giovanni Paolo II, il cardinale Stanislaw Dziwisz.