Scuola. Aumentano i casi di maltrattamento. Arresti nel Ragusano
Un fermo immagine tratto dal video rilasciato dalla Questura di Ragusa
Ancora botte e maltrattamenti in classe. L’ultimo caso giudiziario, in ordine di tempo, risale a ieri: due maestre di 59 e 54 anni, dipendenti della materna “Che Guevara ” di Vittoria, in provincia di Ragusa, sono state messe agli arresti domiciliari perché, secondo gli inquirenti, avrebbero insultato, umiliato e percosso con schiaffi, strattonamenti e spintoni bambini in tenerissima età (dai 30 mesi ai 4 anni) a loro affidati.
Si tratterebbe, sostengono gli agenti della Squadra mobile che hanno svolto le indagini, di violenze fisiche e verbali «gratuite e inaudite», accertate, ancora una volta, con l’ausilio di telecamere nascoste all’interno delle aule, installate su ordine della procura in seguito alle segnalazioni alle forze dell’ordine da parte dei genitori ai quali i piccoli hanno raccontato le angherie che avrebbero subito dalle due donne. Vessazioni e violenze che sarebbero state «quotidiane e senza alcun motivo», è scritto nel verbale della polizia. La stessa dirigenza scolastica sarebbe rimasta sorpresa dall’inchiesta giudiziaria nei confronti delle due insospettabili maestre, ma avrebbe collaborato con gli investigatori. La dirigente scolastica afferma di «confidare nell’operato della magistratura che saprà di certo fare chiarezza sulla vicenda» e ribadisce anche, da parte sua, «l’impegno massimo di presenza attenta e amorevole nei confronti di tutti i bambini e delle loro famiglie».
È l’ottavo episodio di presunti maltrattamenti a minori in una scuola italiana che viene denunciato dall’inizio dell’anno, cioè in soli 28 giorni. Un fenomeno che si ripete con una frequenza impressionante da sei anni a questa parte lungo tutta la Penisola e sempre con le stesse dinamiche e modalità: i bambini tornano a casa scossi, si comportano in modo strano, mamma e papà li interrogano e vengono fuori dubbi e sospetti sul comportamento degli insegnanti. Si passa quindi alla denuncia alle autorità di polizia che avvertono il magistrato e avviano le indagini.
Solo nel 2019 le investigazioni per verificare i reati di «maltrattamenti» in classe o «abuso dei mezzi di correzione» sono state 57 e hanno coinvolto 101 tra educatrici e maestre di asili nido comunali, scuole d’infanzia e primarie statali. Età media delle maestre finite nelle maglie della Giustizia: 56 anni. I dati si riferiscono a uno studio di Vittorio Lodolo D’Oria, medico milanese, specialista in materia di burnout degli insegnanti, un mestiere usurante, come si sa, soprattutto con l’aumentare degli anni di servizio. E spesso si tratta di “maestre-nonne” che scoppiano di fronte alla vivacità (spesso eccessiva) dei bambini che dovrebbero educare e accudire.
Le cifre fanno venire ancora di più i brividi se si osserva il periodo 2014-2019: sono stati 255 i docenti indagati (246 femmine e 6 maschi) per 137 inchieste aperte in regioni del Sud e delle Isole nel 46% dei casi, del Nord (30%) e del Centro (24%). «Mentre conosciamo i dati dei presunti maltrattamenti a scuola che danno origine a un procedimento giudiziario – commenta l’autore della ricerca – non ci è dato di sapere invece il numero complessivo dei procedimenti archiviati». I processi penali hanno tempi lunghi e non si sono potuti raccogliere e valutare, finora, i risultati. Le maestre finite alla sbarra a Brescia e a Rignano Flaminio, protagoniste di casi clamorosi – ricorda Lodolo D’Oria – sono state assolte in Cassazione «perché il fatto non sussiste», dopo 8 anni di giudizio e ingenti spese.
In sei anni, comunque, le indagini sono aumentate di 14 volte. Perché questa impennata? Un’emergenza che esiste, peraltro, solo in Italia ed è quasi del tutto inesistente negli altri Paesi europei. «Una palla di neve è diventata una valanga» dice Lodolo D’Oria, che resta critico su metodi di investigazione come le intercettazioni audio-video attraverso telecamere e microspie. Resta evidente che uno schiaffo dato a un bambino è un gesto non giustificabile da parte di una maestra e può essere perseguito come reato di percosse. «Ma non è giusto parlare di “maestre streghe” o di insegnanti cattive – spiega Lodolo D’Oria – e bisogna valutare sempre se il presunto maltrattamento è dovuto a una condizione di stress o stanchezza prolungata o all’indole della persona, e comunque l’insegnante va allontanata dalla scuola».
Fondamentale, dunque, è il ruolo di chi ha le responsabilità di gestione dell’istituto. «In nessuno dei 248 docenti indagati – afferma il medico – il dirigente scolastico ha adottato un provvedimento urgente e immediato di sospensione cautelare in vista di un accertamento medico d’ufficio, come previsto dalla legge. E questo – prosegue – può essere accaduto perché il preside non era a conoscenza dei fatti, ha preferito “insabbiare”, magari a tutela del buon nome della scuola, teme denunce per “mobbing” o non conosce i propri compiti medico-legali». Più ispezioni tra i banchi, allora. E ricorrere a provvedimenti amministrativi prima di avviare eventuali procedimenti penali.