Quando la febbre sale, il naso cola, la tosse diventa un tormento e la testa scoppia tutti vorrebbero guarire prima possibile. Si è disposti a prendere qualsiasi medicina pur di stare meglio. È comprensibile ma non sempre giustificato: secondo un’indagine che sarà presentata domani, a Roma, più della metà dei bambini italiani prende almeno un farmaco durante l’anno: nel 48% dei casi si tratta di un antibiotico, nel 26% di un antiasmatico e nel restante 8,6% di corticosteroidi. Troppi. Nel corso del 68° congresso nazionale della Sip, la Società italiana di pediatria, i pediatri si interrogheranno sulle ragioni di questo eccesso di farmaci prescritti ai bambini. Soprattutto gli antibiotici, spesso utilizzati a sproposito. «Qualche volta anche per accontentare i genitori troppi ansiosi, il pediatra prescrive l’antibiotico anche se potrebbe farne a meno. In presenza della febbre – spiega Alberto Ugazio, pediatra e presidente della Sip – bisognerebbe aspettare almeno tre giorni prima di cominciare la somministrazione dell’antibiotico. Non sempre capita». Così si finisce per usare farmaci potenti per curare una semplice influenza... Ma l’influenza è di origine virale e sui virus gli antibiotici non hanno nessun effetto. Diverso è il caso della bronchite, della polmonite o della laringite che sono causate dai batteri. Quelli sì, dovrebbero venir stroncati dagli antibiotici. «Dovrebbero, perché l’abuso che se ne è fatto ha reso i batteri più resistenti – spiega Ugazio – e gli antibiotici meno efficaci». Non a caso, l’Oms – l’Organizzazione mondiale della Sanità – e l’Aifa – l’Associazione italiana per il farmaco – hanno promosso una campagna contro l’eccessivo utilizzo degli antibiotici. Titolo significativo: «Difendiamo gli antibiotici che ci difendono».
Le buone abitudini s'imparano da piccoliAl congresso nazionale della Sip si parlerà anche di stili di vita ma con una consapevolezza nuova: «È difficile cambiare abitudini una volta che si sono acquisite. Convincere le persone ad adottare una dieta sana quando mangiano male da una vita, a fare movimento e sport se sono sedentarie da sempre è una missione impossibile. E anche nel caso ci si riuscisse – è sempre il professor Ugazio a spiegare – non è detto che funzionerebbe. Gli obesi che diventano magri hanno spesso problemi di diabete come quelli che sono rimasti grassi». Meglio affidarsi, quindi, una nuova strategia: la “canalizzazione”, ovvero il tentativo di canalizzare – cioè di indirizzare lungo una traiettoria ben precisa – le abitudini fin dai primi mesi di vita. Cosa che servirà a prevenire, una volta adulti o anziani, il presentarsi di tumori, malattie cardiovascolari (cioè legate al cuore e alla circolazione del sangue) o degenerative. In pratica è un po’ come settare un computer, cioè predisporlo al funzionamento secondo quello che si vuole ottenere e ciò che si deve fare: «Così bisogna fare con il fisico dei bambini, dargli indicazioni precise che non dimentichi più. E, per ottenere risultati, bisogna cominciare fin dai primi mesi di vita, soprattutto – conclude Ugazio – per quel che riguarda l’alimentazione».