«Lo sa qual è il vero problema? Che da noi la ferrovia è sempre stata considerata un mezzo per andarsene lontano, per emigrare. E non si è mai pensato che potesse servire per venire quaggiù, a conoscere e ammirare queste terre». È categorico quanto addolorato il parere di
Raffaele Nigro, lucano d’origine e barese d’adozione, cronista di lungo corso e narratore amatissimo, fin dai tempi del best seller
I fuochi del Basento (1987).
Viaggio in Basilicata è il titolo di uno dei suoi libri più recenti, edito da Adda, racconto di un angolo d’Italia a lungo trascurato dalle rotte del turismo. «Fino al XVIII secolo – ricorda Nigro – il cosiddetto
Tour finiva a Roma».
E poi? Poi iniziava il
Grand Tour. I più ardimentosi si spingevano a Napoli, sfidando le insidie dei briganti, gli impavidi da Napoli se ne andavano a Palermo, ma per via di mare. Strade non ce n’erano e, quando c’erano, erano considerate pericolose. Per rendersene conto basterebbe leggere i diari di José Borjes, il legittimista borbonico che nel 1860 percorre il Meridione a piedi, nel tentativo di suscitare un’insurrezione contro i piemontesi. E prima di lui era toccato a Cesare Malpica fare i conti con la difficoltà di spostarsi in carrozza fuori da Napoli.
Sì, ma stiamo tornando indietro di due secoli. I tracciati delle strade non sono cambiati di molto: la vecchia via Popilia, la via Traina, qualche tratto superstite della via Erculea. Tutto il versante adriatico è sempre stato sfavorito rispetto a quello tirrenico. Si andava in pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo, a Brindisi ci si imbarcava per la Terrasanta, niente di più.
Adesso però la Puglia è una meta turistica di fortissimo richiamo. Considerazione che vale per gli 800 chilometri di costa, lungo i quali qualche intervento è stato fatto. Ma se ci inoltra nell’interno la situazione è del tutto diversa, come tragicamente dimostra il disastro ferroviario di martedì. Ha mai provato a prendere un treno da Bari per raggiungere Potenza? Ci si impiegano cinque ore, lo stesso tempo di quando facevo il militare. In questa parte del Sud la normalità è fatta dal binario unico, dallo scartamento ridotto, dalla rassegnazione del pendolare che aspetta il momento in cui il macchinista si ferma per far evitare di travolgere un cinghiale.
Troppa rassegnazione, forse? Non ci si ribella abbastanza, questo è sicuro. E la politica di oggi è ancora più distratta rispetto al passato, incapace com’è di progetti a lungo termine. Conta solo il risultato elettorale immediato, non c’è più volontà di investire sulle infrastrutture.
Che cosa l’ha colpita di più nell’incidente dell’altro giorno? Il fatto che sia verificato in Puglia, la regione che è giustamente considerata la Lombardia del Sud. Lo è, in effetti, se non altro per l’importanza di alcuni settori manifatturieri e, più in generale, per la vivacità degli scambi commerciali. Una regione moderna e conosciuta ormai in tutto il mondo, che può veramente essere considerata il Nord del Meridione. Ecco, ma se un disastro simile accade qui, in una regione ricca e avanzata, che cosa mai potrà succedere in uno dei tanti Sud che costellano il nostro Meridione? Se anche questa è rimasta la terra del binario unico e dello scartamento ridotto, quale altra catastrofe dobbiamo aspettarci ancora?