Attualità

Manovra. Tria: manca ancora stabilizzazione economica e sociale

Alessia Guerrieri mercoledì 28 novembre 2018

Difende ancora la "sua" manovra il ministro del Tesoro Giovanni Tria. Un testo orientato alla crescita e all'inclusione sociale ancor più necessaria in un Paese in cui non è ancora stata raggiunta la stabilizzazione sociale. Davanti però alla prospettiva di una procedura d'infrazione europea, spiega nella sua informativa stamane al Senato, però il Parlamento e il governo sono chiamati ad assumersi una forte responsabilità e a «fare una operazione verità».

La manovra messa in campo dal governo, spiega in uno dei passaggi del suo discorso Tria, è «moderatamente espansiva. Dopo la crisi del 2008 siamo ancora lontani da Pil e dalla disoccupazione di 10 anni fa: è aumentata in modo insopportabile l'area di povertà e disagio sociale e non è stato raggiunto l'obiettivo di riduzione del debito né il pareggio bilancio, non abbiamo avuto la stabilizzazione economica, sociale e della finanza pubblica». Se confermata poi dall'Ecofin l'opinione della Commissione europea sulla manovra italiana, ribadisce, questo «apre alla prospettiva di procedura infrazione sul debito, una prospettiva che pone il governo e il Parlamento sovrano di fronte alla necessità di assumere una decisione di forte responsabilità e di attuare una operazione di verità». L'auspicio perciò è che, senza rinunciare alle priorità dell'esecutivo giallo-verde, il «Parlamento rimane il luogo istituzionale dove i miglioramenti alla proposta del governo possono essere realizzati e approvati». Tutto questo fa fatto, comunque, sottolinea il responsabile del Tesoro, «tenendo conto dei timori dei partner europei e del grado di incertezza che pervade i mercati sia per l'incertezza sull'evoluzione economica globale sia perché preoccupano le divergenze con l'Europa».

Negli ultimi anni c'è stato «un aumento della spesa corrente per finanziarie la stagione dei tanti bonus con oneri che continuano a pesare su nostro bilancio» e che hanno assorbito anche i 35 miliardi di risparmi arrivati dal Quantitative Easing, ha ricordato il ministro, pur precisando di non avere nessuna intenzione di parlare di responsabilità del passato e perché «si tratta della nostra storia comune, anche se il dibattito domestico non ci consente di accettare la morale in tema di politica e crescita». Ma poi conferma che si sta valutando, man mano che va avanti il disegno delle misure fondamentali, «i loro costi effettivi, se si possano cioè trovare gli spazi finanziari per migliorare l'equilibrio tra la crescita e il consolidamento dei conti pubblici. In questa direzione il dialogo con l'Ue può trovare spazi nuovi». Anche perché occorre ribadirlo ancora una volta, «serve chiarire ai nostri interlocutori europei che l'obiettivo che ci poniamo con la legge di Bilancio è affrontare problemi concreti non certo un affronto all'Europa o l'uscita dall'euro».