Attualità

FINE VITA. Treviso, giudice autorizza rifiuto di cure salva-vita per malata grave

mercoledì 3 agosto 2011
Il giudice trevigiano Clarice Di Tullio ha firmato un decreto che concede a una donna di 48 anni, colpita da una gravissima malattia degenerativa, la possibilità di rifiutare le cure. Lo aveva chiesto qualche mese fa quando la sue condizioni erano peggiorate. La paziente aveva affidato le sue ultime volontà al marito che, sulla base del provvedimento, è stato nominato amministratore di sostegno con la facoltà di far rispettare la scelta della moglie, ovvero il rifiuto di trattamenti medici cruciali.Secondo quanto riporta oggi 'Il Gazzettino", la decisione del giudice è arrivata nel gennaio scorso, quando la paziente era stata ricoverata in gravi condizioni all'ospedale di Treviso. Nonostante il quadro clinico stesse precipitando, la donna aveva rifiutato sia la trasfusione, è testimone di Geova, sia la tracheostomia, cioè la tracheotomia permanente, che le avrebbe permesso di limitare il deficit respiratorio.La malattia ha poi avuto un'evoluzione positiva tanto da consentirle di tornare a casa. Ma la donna aveva deciso comunque di affidare le sue volontà al consorte: «Non voglio che la mia vita venga prolungata se i medici sono ragionevolmente certi che le mie condizioni sono senza speranza». E l'appello non è caduto nel vuoto.Il giudice tutelare Di Tullio le ha dato ragione. Pertanto ha disposto che la paziente, attraverso il marito nominato amministratore di sostegno, possa rifiutare le cure salva-vita. Il decreto è arrivato dopo un'istruttoria complessa. Sarà la 48enne, spiega il provvedimento, a decidere sul "proprio fine vita", oppure il marito se lei non fosse nelle condizioni di farlo. Il giudice ha argomentato la propria decisione basandosi sul codice deontologico dei medici e su norme sovranazionali come quelle del Consiglio d'Europa relative ai diritti dell'uomo e alla biomedicina, laddove stabiliscono che nessun intervento nel campo della salute può essere effettuato qualora il paziente non abbia espresso il proprio consenso libero e informato. Il giudice Di Tullio ha quindi stabilito che la nomina di un amministratore di sostegno sia lo strumento processuale adatto ad assicurare il rispetto delle scelte individuali.D'AGOSTINO: UN CASO CHE RENDE EVIDENTE LA NECESSITA' DELLA LEGGEIl caso della donna di Treviso "rende evidente che una legge sul biotestamento è più che mai necessaria". A sottolinearlo è il bioeticista Francesco D'Agostino, secondo cui "non è possibile affidare ai magistrati, che possono legittimamente anche avere opinioni diverse sulla materia, la determinazione ultima di questioni che riguardano la vita umana". Inoltre, il decreto in questione, rileva D'Agostino, "che fa riferimento genericamente a farmaci salvavita, dimostra la delicatezza della questione dal momento che la categoria di tali farmaci non è così rigorosa, e dunque anche una semplice aspirina, in determinate condizioni, può diventare un farmaco salvavita". Secondo il bioeticista, dunque, "la verità è che quando questioni che riguardano la vita umana si intrecciano con valutazioni di carattere medico e farmacologico, è giusto che la legge affidi al medico l'assunzione delle decisioni".  Per queste ragioni, ribadisce D'Agostino, "credo che una legge sulle situazioni di fine vita sia realmente indispensabile. L'importante - conclude - è fare in modo che non siano i giudici a stabilire criteri vincolanti in situazioni così delicate".ROCCELLA: SI CERCA DI INTRODURRE PRATICHE AL LIMITE DEL SUICIDIO ASSISTITO"Non si tratta di un'iniziativa isolata, bensì che ha preso piede da tempo in vari tribunali al fine di introdurre forme di testamento biologico che legittimino pratiche al confine con il suicidio assistito". Così il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella commenta il decreto del tribunale di Treviso che permettere a una paziente testimone di Geova di rifiutare le cure salvavita destinate alla sua grave malattia degenerativa. "Esistono altre iniziative simili a quella del tribunale di Treviso; - rileva Roccella - si tratta di iniziative in atto per introdurre e legittimare pratiche al confine con l'eutanasia eil suicidio assistito. Dunque, non è una cosa nuova". Nel decreto in questione inoltre, sottolinea il sottosegretario, "si fa un uso 'forzato' della figura dell'amministratore di sostegno, che nasce con finalità diverse". Dunque, secondo Roccella "a fronte di tali situazioni, è importante che ci sia una legge sul biotestamento, perché questioni così delicate non possono essere affidate a iniziative estemporanee". Inoltre, spiega, "se già ci fosse la legge, la signora di Treviso potrebbe continuare comunque a rifiutare le cure finchè in condizioni di capacità diintendere e volere". In riferimento invece al momento in cui la paziente non dovesse più essere lucida, conclude Roccella, "tale decreto pone una serie di problemi, a partire dal fatto che si chiamerebbero in causa i medici al fine di 'dare la morte' alla paziente e si tratterebbe dunque di suicidio assistito".SACCONI: PROVVEDIMENTO IDEOLOGICO"Il provvedimento del magistrato di Treviso appare, ad una prima considerazione, più ideologico che pratico". Lo sottolinea il trevigiano Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro. "Tanto con la legge di oggi quanto con quella che mi auguro il Senato approverà presto in via definitiva, una persona vigile è libera di decidere responsabilmente di sè - aggiunge Sacconi -. Il problema riguarda quindi non il presente ma un futuro nel quale la persona non sia più vigile. Secondo la nuova legge, potrà dare indicazioni sulla scelta delle terapie e circa l'eventuale accanimento terapeutico, di cui il medico curante terrà conto nella sua scienza e coscienza. Oggi il magistrato ha assegnato un ruolo discutibile e obbligato all'amministratore di sostegno, figura nata e sviluppatasi, come dice la parola stessa, per sostenere i bisogni di una persona in condizioni di fragilità".Secondo il ministro, "attraverso il provvedimento si vorrebbe insomma, quanto meno oggettivamente, concorrere ad introdurre nel nostro ordinamento il suicidio assistito e programmato, che il nostro ordinamento non consente. Solo il Parlamento può assumere decisioni così rilevanti, anzi così fondamentali, e mi auguro che non lo vorrà mai fare riconoscendo sempre il valore della vita quale elemento costitutivo della nostra tradizione culturale".