La scure dei tagli alla spesa pubblica si abbatte anche sui treni dei pendolari. La denuncia arriva dai comitati degli utenti, che rappresentano i circa due milioni di italiani (+14,5% tra il 2001 e il 2008) che, ogni giorno, si spostano con il treno per studio o per lavoro, ed è confermata dalle Ferrovie. Così, un servizio che i clienti giudicano carente sotto molteplici aspetti (puntualità, comunicazione, pulizia, affollamento delle carrozze), non potrà che peggiorare, come quotidianamente certificato dalle migliaia di segnalazioni di disagi e disservizi.Soltanto in Lombardia, territorio dove i pendolari ferroviari sono più di 300mila, il Comitato regionale ha stimato in 50 le ore di ritardo che ciascun viaggiatore accumula ogni anno, per un danno economico di 500 euro, considerato 10 euro il valore economico di ogni singola ora. E tutto ciò a fronte di un aumento del prezzo del biglietti che, nell’ultimo anno, è stato del 22,68%. Una ricerca a livello nazionale, promossa un paio d’anni fa, quantificava tale disservizio in addirittura 100 ore all’anno per pendolare, perse tra ritardi e treni soppressi.E la situazione è destinata, come detto, a peggiorare, appunto alla luce dei recenti tagli ai trasferimenti regionali. Secondo la denuncia dei pendolari, che hanno scritto a tutti i parlamentari, a fronte di un «fabbisogno consolidato» di 1,9 miliardi di euro, per il 2012, per il trasporto pubblico locale sono stati previsti solamente 400 milioni, meno di un quarto. E tutto ciò, ricordano gli utenti ferroviari, «mentre il 95% delle risorse viene indirizzato sull’alta velocità».«Le conseguenze sarebbero devastanti», scrivono i pendolari in una nota, paventando addirittura «il default dell’intero sistema dei trasporti pubblici». Sempre in Lombardia, i viaggiatori prevedono che, se i tagli non rientrassero, i biglietti dovrebbero «raddoppiare il prezzo», cosa che consiglierebbe molti a spostarsi in auto, provocando un «aumento delle code di almeno 6mila chilometri».Da qui l’appello al Parlamento, dove è sottolineato «il ruolo irrinunciabile del servizio di trasporto pubblico per rilanciare lo sviluppo del sistema economico» e le «gravissime conseguenze per le famiglie, per l’occupazione e per la salute», in caso di fallimento delle società di trasporto locale.L’allarme dei pendolari è rilanciato dall’amministratore delegato delle Ferrovie, Mauro Moretti: se i tagli della legge di stabilità fossero confermati, i treni regionali saranno a rischio a partire da gennaio 2012.«Pare che nella legge di stabilità non ci sia alcun provvedimento per il servizio del trasporto ferroviario regionale, quello per cui le Regioni chiedono i soldi», ha detto Moretti, ricordando che l’entità dei tagli previsti è nell’ordine di 1,5 miliardi. «Richiederemo alle Regioni se hanno la copertura per i servizi – ha aggiunto –. Ma se i soldi non ci sono non so cosa fare, non ho i soldi per pagare gli stipendi».Intanto, proprio per il taglio dei fondi alle Regioni, Trenitalia è stata recentemente costretta a congelare due commesse per 170 nuovi treni (tra elettrici e diesel) destinati al trasporto locale.«I nostri committenti – confermano fonti delle Ferrovie – hanno grossi problemi finanziari e, di conseguenza, non abbiamo la certezza che riescano ad onorare i contratti di servizio sottoscritti con la nostra azienda. Non avendo più questa sicurezza di cassa, siamo stati costretti a sospendere il progetto di due miliardi di euro in due anni per nuovi treni e a rinviare a data da destinarsi le commesse».I fondi tagliati servivano anche a pagare il servizio, visto che con il solo ricavato della vendita dei biglietti, si copre appena un terzo del costo effettivo. I restanti due terzi erano assicurati dai trasferimenti regionali, di cui, però, sono rimaste poco più che le briciole.Quanto la situazione sia drammatica lo ha ribadito, pochi giorni fa, anche l’assessore ai Trasporti della Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo, che ha parlato di tagli al trasporto locale per 146 milioni di euro. Con i soldi rimanenti, ha aggiunto l’assessore, sarebbero garantiti i treni dal lunedì al mercoledì ma non quelli dal giovedì alla domenica. Una prospettiva che, semmai ce ne fosse bisogno, allarma ancora di più i pendolari, costretti, ormai da tanti anni, a convivere con un sistema con troppe falle e problemi irrisolti.