L'intervista. «Nuclei speciali e una rete contro le violenze di genere»
Il Tribunale di Trani
Il procuratore della Repubblica di Trani, Renato Nitti, ha voluto recarsi immediatamente, assieme al pm di turno, sul luogo del femminicidio di Andria, martedì. «L’ho fatto per sostenere il collega e per far capire l’importanza che noi diamo a questi gravissimi fatti. Lo stiamo facendo da tempo con azioni concrete e con un lavoro in rete». Così, ad Avvenire, il capo della Procura pugliese, competente sul delicatissimo territorio della Bat, la provincia di Barletta-Andria-Trani. E in questo senso ci tiene a sottolineare come sia subito intervenuta l’unità Codice rosso, «un’articolazione interna della polizia giudiziaria formata da un gruppo di carabinieri, persone ormai superspecializzate in questa materia e che supportano tutti i magistrati della Procura». Perché, aggiunge, «non è moltiplicare a dismisura i numeri dei magistrati che se ne occupano quello che serve. Questo poi avrebbe conseguenze su tutti gli altri reati, non si farebbero più indagini su pubblica amministrazione, ambiente, reati tributari e fallimentari che in questo territorio sono fondamentali, come droga ed estorsioni. Invece bisogna creare una rete che risponda bene. E questo stiamo facendo».
Procuratore, la sua è una critica?
Le leggi stanno imprimendo una stortura. Le procure dovrebbero dare una totale priorità alle indagini sul Codice rosso. Ci sono procure in cui, su dieci magistrati, 7 fanno solo questo, perché si teme di sbagliare. Noi invece stiamo cercando di bilanciare. Perché tutte le priorità stanno saltando. Noi in questo modo stiamo cercando di garantire, sperando di riuscirci, grazie anche all’unità Codice rosso, che si facciano indagini su tutti i fenomeni.
E come vi state muovendo?
Abbiamo una Carta dei servizi contro la violenza di genere e domestica, una sorta di protocollo Codice rosso, che deve essere rispettato in modo tale che ogni urgenza arrivi già con tutte le indicazioni che si possono conoscere, le informazioni che ci possono far gestire bene il caso. E su questo fronte che stiamo cercando di gestire la cosa in maniera diversa, a cominciare dalla formazione.
In che modo?
Abbiamo creato una rete di punti qualificati di ascolto, con la quale periodicamente, massimo ogni tre mesi, ci vediamo. Sono coinvolte anche compagnie, tenenze, stazioni, commissariati, comandi della Polizia locale. Per avere un numero ben individuato di persone specificamente indicate, che si formano con noi sul Codice rosso. Facciamo formazione e disseminazione. I prossimi incontri sono previsti a dicembre, con un centinaio di persone ogni volta, per fare l’analisi anche dei casi nei quali l’indagine non è andata bene, per capire cosa non ha funzionato e da chi è dipeso.
Chi partecipa?
Ci sono i tre magistrati del gruppo Codice rosso della Procura, io e il procuratore aggiunto. Poi ogni reparto territoriale mi deve tenere aggiornato su quali sono le persone che si occupano del tema. Normalmente in una stazione dei carabinieri saranno 3-4 persone, e tutte devono partecipare a questi incontri. Al prossimo parteciperanno anche tutti i centri antiviolenza.
Non sono pochi tre magistrati?
Abbiamo tre magistrati specialisti del settore, poi tutti gli altri sono seguiti dall’unità Codice rosso. Questo fa sì che chi è di turno sia istruito su come si deve intervenire. Abbiamo fissato degli standard che ci devono essere sempre. La legge, che è stata approvata di recente, vuole che entro tre giorni dal momento dell’iscrizione la persona offesa sia già sentita dal magistrato o su delega del magistrato. Noi ancor prima che arrivi una notizia di reato, quando uno si presenta a una stazione o a un commissariato, ci facciamo chiamare da chi riceve la denuncia per cui già in fase di ascolto diamo le indicazioni su come il caso deve essere istruito. Se si presenta una donna per maltrattamenti a una stazione, il comandante chiama il magistrato di turno e chiede subito istruzioni. Poi il “turnista” gestisce la cosa col magistrato specializzato in modo da fare tutto nel modo più rapido possibile.
Che altre collaborazioni avete dal territorio?
Abbiamo un’importante risorsa che è il Centro cura del trauma della Asl Bat che si occupa dei minori, in particolare dei cosiddetti orfani speciali. Un evento come quello di Andria crea un doppio stato di orfano, perché perdi madre e padre contemporaneamente. Su questo è intervenuta martedì questa unità che è straordinaria. Proviamo a fare in modo che tutti i singoli nodi di questa rete siano sempre più consapevoli e professionali.
I casi di Codice rosso sono in aumento sul vostro territorio?
Negli ultimi anni c’è stata una frequenza costante. Ma di recente abbiamo avuto due episodi di violenza sessuale di minori da parte dei compagni delle madri. A distanza ravvicinata. E questo ci preoccupa.