Attualità

POLITICA E GIUSTIZIA. Onorevoli in cella dai boss, è bufera

Gianni Santamaria venerdì 10 agosto 2012
Scatena un vespaio la rivelazione del "giro" per le carceri, nel quale due parlamentari avrebbero intavolato delle discussioni con mafiosi e camorristi detenuti al 41-bis, allo scopo di sollecitarli a collaborare con la giustizia.Ieri il Corriere della sera ha infatti pubblicato un articolo con stralci delle relazioni di servizio stese dal personale carcerario presente ai colloqui avuti nel penitenziario di Parma da Sonia Alfano (europarlamentare dell’Idv e presidente della Commissione speciale di Strasburgo sulla criminalità organizzata) e da Giuseppe Lumia (Pd, già presidente della commissione Antimafia, di cui è tuttora membro) con Bernardo Provenzano e altri due esponenti di mafia e camorra.Immediato l’intervento di censura di tali iniziative da parte del ministro della Giustizia Paola Severino, che fa sapere di aver «già da giorni verificato che le relazioni di servizio nelle quali si segnalavano le peculiarità dei colloqui fossero state trasmesse all’autorità giudiziaria competente, ricevendone conferma». E aggiunge di aver dato disposizioni per sensibilizzare i direttori delle carceri a una «puntuale osservanza» di quanto stabilisce l’articolo 67 dell’ordinamento penitenziario (quello che regola le visite dei parlamentari), «sollecitando l’intervento diretto o l’interruzione della conversazione qualora essa travalichi i limiti della visita e si trasformi in colloquio su procedimenti in corso».Non si fa attendere nemmeno la reazione dei due parlamentari, che se la prendono soprattutto con l’autore dell’articolo e con chi gli ha fatto avere le carte. «Abbiamo fatto quello che tutti i politici dovrebbero fare», esordiscono. Poi spiegano che «la sortita del giornalista rappresenta una grave rivelazione di segreto d’ufficio, evidentemente propagata da qualche apparato istituzionale». E chiedono indagini in proposito. Infine, si chiedono a chi giovi tutto ciò, chiamando in causa i «compagni di partito di dell’Utri» nel Pdl, in particolare Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello. E chi avrebbe messo in campo la fuga di notizie, «indispettito per il coinvolgimento di certi intoccabili nelle indagini sulla trattativa Stato-Mafia della Procura di Palermo». In ballo, infatti, c’è la vicenda che ha provocato l’apertura di un procedimento per conflitto di attribuzione da parte del Quirinale nei confronti della Procura siciliana. Dal Pdl si erano fatti sentire parecchie voci critiche. Innanzitutto proprio Cicchitto e Quagliariello. Il capogruppo alla Camera aveva definito l’accaduto di «straordinaria gravità», perché sondare la volontà di un mafioso di pentirsi spetta al procuratore nazionale antimafia o a magistrati autorizzati, mentre i rappresentanti di organismi elettivi possono solo verificare le condizioni della detenzione. Mentre il vice dei senatori aveva chiesto al centrosinistra una presa di distanza dalle «improvvide e spregiudicate trattative». Dopo essere stati chiamati in causa, in una nota congiunta i due alzano il tiro: «Al netto dei deliri, ci fa piacere che i due parlamentari abbiamo scoperto l’esistenza del segreto d’ufficio. Sarebbe bene che scoprissero anche il rispetto della legge». Infine, c’è chi ricorda il trattamento riservato al pidiellino Renato Farina, condannato per aver portato con sé in carcere, facendolo passare per suo collaboratore, un amico di Lele Mora. È il collega del Pdl Carlo Ciccioli, che chiede alla Severino di intervenire: «O c’è qualcuno, politicamente targato, che può fare ciò che vuole?».