Inchiesta. Violenza sui migranti, in un video le prove dalla Croazia
Non è per il freddo delle gelate balcaniche che gli uomini appostati nella radura indossano un passamontagna. Il branco è lì per un’imboscata. Impugnano una spranga da cui pende una corda. Stanno per spaccare ginocchia, frustare sulla schiena, lanciare sassi mirando alla testa dei profughi. Sono soldati croati. E stavolta Zagabria non potrà più dire che non ci sono prove.
Ora c’è un video che conferma le accuse di questi anni. Nei giorni scorsi, dopo la ricostruzione di Avvenire e la pubblicazione di immagini e testimonianze di alcune tra le migliaia di persone seviziate dai gendarmi, era intervenuta la commissaria agli Affari Interni dell’Ue, Ylva Johansson. «Abbiamo sentito di respingimenti dagli Stati membri e non è accettabile». Nessun accenno, però, alla violenza. Il governo di Zagabria, infatti, ha sempre respinto le accuse dei profughi respinti a catena da Italia, Slovenia e Croazia. «Nonostante i report lo Stato croato ha negato, mettendo in dubbio la credibilità dei migranti, degli attivisti e dei giornalisti – ricordano i legali del “Border violence monitoring” – citando la mancanza di prove fotografiche». Ora quelle prove ci sono.
I fotogrammi e i video raccolti sul campo non lasciano spazio a dubbi. La frusta schiocca i primi colpi. Un uomo viene atterrato dopo che l’aggressore lo ha quasi azzoppato. Neanche il tempo di stramazzare tra i rovi che viene centrato in pieno volto. Poco distante, in un fossato che segna il confine con la Bosnia Erzegovina, altri due uomini a volto coperto, entrambi con divise blu scure, afferrano dei grossi sassi e li scagliano contro alcuni ragazzi che corrono per riguadagnare il confine bosniaco, a meno di 30 metri, dove gli aggressori croati sanno di non potere addentrarsi.
QUI IL VIDEO INTEGRALE DI BORDER VIOLENCE MONITORING (16 MINUTI)
Le sequenze sono raccapriccianti. Le urla spezzano il fiato. I militari infieriscono ripetutamente su persone inermi. A tutti sono state tolte le scarpe, i telefoni, il denaro, gli zainetti con gli unici ricordi delle propRie origini. Un uomo piange. Il volto gonfio, una gamba dolorante, alcune ferite alla testa, il labbro superiore sanguinante. Nella sua lingua biascica la più universale delle invocazioni: «Mamma mia».
Un fotogramma del video: un migrante fugge dolorante dopo essere stato bastonato dai soldati croati - .
Le immagini,che risalgono alla fine di marzo, sono state analizzate per mesi da legali e periti di vari Paesi per conto del “Border violence monitoring (Bvm)”, il network di organizzazioni di volontariato attivo in tutti i Balcani. Nel video integrale di Bvm (sintetizzato da Avvenire in una versione di 4 minuti in questo articolo) si possono vedere i filmati con le ricostruzioni forensi. Oltre alle identità dei feriti è stato possibile riconoscere anche i corpi di appartenenza dei picchiatori: guardie di confine, nuclei speciali della polizia e altri agenti.
Le forze di sicurezza, come sempre, avevano pensato a impedire che le testimonianze potessero trovare riscontri fotografici. Questa volta, però, un ragazzo afghano è riuscito a beffarli. Poco prima del respingimento altri agenti in un posto di polizia avevano rubato denaro, telefoni ed effetti personali. Con le scarpe e i vestiti avevano fatto un falò. Nella concitazione, da uno degli zainetti è scivolato un telefono. Il ragazzo ha fatto in tempo a nasconderlo nelle mutande. Per consegnarci le immagini della vergogna all’interno dell’Unone europea.
Dopo una corsa disperata, inseguito dalle sprangate e dalle scudisciate, una volta superato il fossato ha riacceso il cellulare danneggiato durante l’aggressione. C’era ancora abbastanza batteria. Si sente anche la sua voce mentre non riesce a tener ferme le mani: «Mi fa male una gamba, ho troppo dolore». Un altro accanto a lui comprende l’importanza di quegli istanti: «Ti tengo io, devi continuare a riprendere».
Un fotogramma del video: si vedono i soldati armati di bastoni - .
Pochi giorni prima The Guardian aveva pubblicato un inchiesta di Lorenzo Tondo: la polizia croata veniva accusata di segnare i migranti islamici con una croce sulla testa, ma ancora una volta Zagabria aveva negato.
Le riammissioni a catena, con cui dal confine italo–sloveno «si deportano illegalmente i rifugiati fino in Bosnia, hanno l’effetto di esporre le persone a condizioni inumane e a un rischio di morte: vanno pertanto immediatamente fermate», chiede il Consorzio italiano di solidarietà (Ics). Anche in Bosnia vengono denunciati episodi di violenza ed uso eccessivo della forza da parte della polizia.
L’11 dicembre, sei giorni dopo la pubblicazione della prima puntata dell’inchiesta di Avvenire (LEGGI QUI), è intervenuta la Commissaria ai diritti umani del Consiglio d’Europa, il consesso che ha dato vita alla Corte europea dei diritti dell’Uomo. In una lettera la bosniaca Dunja Mijatovic parla delle «segnalazioni di gruppi di vigilantes locali che attaccano i migranti e distruggono i loro beni personali», esprimendo preoccupazione «per le segnalazioni di attacchi e minacce contro i difensori dei diritti umani che aiutano i migranti, tra cui una campagna diffamatoria e minacce di morte».
E non sarà certo la prima neve a fermare le traversate.
Ieri la polizia serba ha bloccato 300 persone in due distinte operazioni: 170 sono stati trovati nella zona di Kikinda, lungo un sentiero sul confine con la Romania; altri 140 sono stati vicino al valico di Horgos, alla frontiera con l’Ungheria. Sperano così di aggirare la sbirraglia.
Un migrante con i segni delle percosse - .
Nicola Bay, direttore in Bosnia del “Danish refugee council” spiega di avere identificato con la sua organizzazione «14.500 casi di respingimenti dalla Croazia alla Bosnia dall’inizio del 2020. Nel solo mese di ottobre, i casi sono stati 1.934, tra cui 189 episodi in cui migranti sono stati soggetti a brutale violenza, e in due episodi anche violenza sessuale, da parte di uomini in uniformi nere, con i volti mascherati». Perciò «non è accettabile che i respingimenti violenti siano utilizzati, di fatto, come strumento per il controllo dei confini dagli stati europei. È giunto il momento di esigere, da parte della Commissione Europea e degli stati membri della Ue, inclusa l’Italia, il pieno rispetto delle più basilari norme del diritto comunitario e internazionale».
E non è escluso che grazie a queste immagini si apra finalmente una inchiesta giudiziaria per individuare i responsabili, i loro superiori e fermare i crimini contro gli esseri umani commessi nell’Unione Europea.
2 – continua