Clima. Tornano in piazza i Fridays For Future: la protesta è anche politica
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“Non è troppo tardi, il cambiamento è possibile”. Fridays For Future Italia scende di nuovo in piazza e lancia un appello all’unione per la giustizia sociale e climatica. L’appuntamento è per venerdì 11 ottobre. Uno sciopero all’insegna dell’ottimismo: perché mancano pochi anni ormai dalla data “X”, quel 2030 cioè che detta il non ritorno in base all'accordo raggiunto il 12 dicembre 2015 e che impegnava a mantenere l'innalzamento della temperatura sotto i 2° e – se possibile – sotto 1,5° rispetto ai livelli pre-industriali. Ma uno sciopero anche all’insegna della “svolta” politica dei giovani green che oggi si schierano con il popolo palestinese e contro anche il governo Meloni e i suoi ultimi decreti sulla Sicurezza e sull’autonomia. “In un momento storico scandito da guerre, aumento del carovita, aumento delle temperature medie e aumento degli eventi climatici estremi, uno scenario che porta le persone a pensare che sia troppo tardi per fare qualcosa e spesso crea un senso di impotenza” scrivono i Fridays For Future Italia, lanciando un appello: non è troppo tardi. “Possiamo ancora cambiare la rotta e contenere l’aumento della temperatura media globale a +1.5°, quello che manca è il coraggio e la volontà politica di mettere in atto strategie a lungo termine per la difesa dei territori e delle persone” sottolinea l’attivista Antonio Iodice. La comunità scientifica globale si è espressa all'unanimità, spiegano: i cambiamenti climatici attuali sono causati dalle attività umane; in particolare i cambiamenti che stiamo vivendo sono più rapidi di quello che si è visto in tutte le ere precedenti, e la causa diretta è il nostro modello economico e la distruzione dell’ambiente necessaria per la sua sopravvivenza.
La posizione contro la risposta di Israele ad Hamas
Il movimento prende anche posizione contro la risposta di Israele all’attacco di Hamas del 7 ottobre di un anno fa “che, con il supporto acritico degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, sta commettendo un brutale genocidio del popolo palestinese e un ecocidio delle loro risorse naturali, bombardando anche il popolo libanese nella sua furia colonialista. Ci schieriamo fermamente al fianco della resistenza del popolo palestinese, pretendiamo che la Palestina sia liberata dall’entità sionista e da chi agisce per colonizzarla e sfruttarne le risorse naturali attraverso progetti fossili come il piano Mattei” afferma Anna Postorino. “Realizzare la giustizia climatica vuol dire operare per smantellare il sistema imperialista e colonialista occidentale che si esprime anche attraverso progetti e finanziamenti dannosi e imposti”. Alcune settimane fa la polizia danese aveva fermato l’attivista svedese Greta Thunberg durante una manifestazione all'Università di Copenaghen contro la guerra a Gaza. In foto recenti la giovane veste una kefiah intorno al collo. “Dobbiamo impedire che gli errori degli stati e di alcune aziende vengano pagati dalle persone nelle zone più vulnerabili come chi vive nei paesi del sud del mondo e nelle zone di sacrificio in tutti i paesi, a cui si aggiungono ormai le sempre più frequenti zone alluvionate.” spiega Emanuele Genovese.
La protesta contro le recenti misure del governo
Il movimento si oppone con forza all’approvazione anche ad altre misure recenti del governo come la proposta di autonomia differenziata, che acuirà le disuguaglianze, anche ambientali, e del Ddl 1660 (Decreto Sicurezza), una delle leggi più liberticide della storia della Repubblica, consapevole che la fortissima repressione e criminalizzazione delle proteste per la giustizia climatica e sociale è un sintomo della mancanza di risposte concrete ai problemi materiali del nostro presente. Il governo non riuscendo a convincere con la propaganda, prova a farlo con la forza. “Ed è per questo che oggi più che mai è fondamentale unirsi in un’unica grande mobilitazione. La profonda crisi della nostra democrazia è resa evidente dalla distanza delle istituzioni dalle istanze di chi cerca di sostanziare processi democratici dal basso: i comitati cittadini, i sindacati, i collettivi studenteschi e i movimenti antagonisti. “Non è troppo tardi per ottenere il cambiamento di cui abbiamo bisogno per la sopravvivenza. È stato fatto in passato e possiamo ripeterlo di nuovo. La mobilitazione di massa capace di costruire comunità dietro a rivendicazioni di interesse collettivo è l’unica strada per ottenere un miglioramento delle nostre vite e per salvarci dalla distruzione.” conclude Marzio Chirico.